Ieri... oggi, è già domani | 17 settembre 2023, 05:00

"i cumerciai" - le Commerciali

Una foto pubblicata in questo giornale il 15 c.m, ha messo in luce un vecchio stabile ristrutturato, dove un tempo antico era ben vivo l'Istituto Commerciale.

"i cumerciai" - le Commerciali

Una foto pubblicata in questo giornale il 15 c.m,  ha messo in luce un vecchio stabile ristrutturato, dove un tempo antico era ben vivo l'Istituto Commerciale. All'epoca, c'erano tre tipi di Scuola Media Superiore: la "Media" per eccellenza, frequentata dagli alunni che sarebbero transitati nelle Università - la Scuola Industriali, per preparare i futuri tecnici, esperti nei lavori che Aziende specializzate assumevano per la meccanica, la tintoria, la tessitura ed altro - quindi le Scuole Commerciali …. dove c'erano …. tutti gli altri.

Io, frequentavo le "tutti gli altri", senza una visione specifica di cosa avrei fatto "da grande", preso com'ero a godermela sui campi di calcio o negli svariati giochi che il mondo rurale propinava. Così, fino a 14 anni, quando per …. bontà della sorte e la bonomia di qualche professore, anch'io ho superato le angherie di quegli studi. Ho conosciuto professori eccellenti, come il prof. Di Pietro e il prof. Santamaria, Personaggi esemplari nell'inculcare ai ragazzi discoli le asperità della vita. E, nel loro insegnamento, oltre alla sapienza personale, c'era la tolleranza di soffermarsi, quando "uno" non capiva, senza avere bisogno delle "ripetizioni" che non tutti erano in grado di pagare.

Poi, esistevano "personaggi" dal talento inferiore ai due professori citati e, per giunta, invece di insegnare la vita coi dovuti modi, sembrava volessero "divertirsi" a mettere in difficoltà gli alunni. Al che, in un "consiglio di classe" non ufficiale, si decise all'unanimità di "dare una lezione" a questi soloni, saccenti e antipatici che (in verità) stavano sulle palle all'intera scolaresca e non solo alla nostra classe.

Preside dell'Istituto era la Signorina, Professoressa Diamante Volpato …. che già il nome incuteva tremore. Se poi si aggiunge il suo stile gerarchico di manifestarsi, si capiva come tutti la temevano, perfino ad incrociare lo sguardo quando faceva visita in classe o la si incontrava nei corridoi o nel cortile della Scuola.

Un giorno prestabilito, col preciso accordo che tutti dovevano essere presenti e anche chi "cadeva malato" doveva venire a scuola, si attuò il piano - la Piazza Trento Trieste che ora ospita il Monumento ai Caduti, non presentava la "rotatoria", ma aveva le rotaie del tram e proprio dirimpetto alla Scuola c'era il negozio del Ciuen (gelateria) e dei Catoni (forno+panetteria).

Il prof di cui non faccio nome veniva a scuola con la Bianchina; una specie di macchina che a chiamarla vettura si suscita il ribrezzo delle … vetture come si deve e la parcheggiava vicino al marciapiedi. Durante l'intervallo, a portone della scuola sbarrato, si doveva trovare il modo per uscire dalla scuola, senza dare nell'occhio sia al portinaio, sino al "cerbero" che vedeva dappertutto, come un agente delle SS - che si fece, allora? - ci si accattivò la simpatia del portinaio che, in "quel momento" doveva abbandonare temporaneamente la sua postazione, per una chiamata altrove e che per due minuti precisi, doveva …. lasciarci fare.

Fu così che i quattro prescelti (volontari) misero in atto il "misfatto" - tutti e quattro con in mano ciascuno due grossi chiodi (simili a quelli che crocefissero Gesù), e dovevano uscire dal portone e, ciascuno su disegno preciso, doveva mettere i chiodi davanti e dietro al pneumatico concordato. I tempi furono rispettati e mentre si chiudeva il portone d'ingresso, il portinaio riprendeva la sua postazione.

Al termine delle lezioni, nessuno andava a casa, ma si costituì un capannello di ragazzi per vedere gli sviluppi di quella bravata (allora, non la consideravamo tale). Ed ecco uscire dal scuola il prof con la diletta moglie (pure lei insegnava lì) - allora, la Scuola era intestata a Edmondo De Amicis.

I due salgono frettolosamente in macchina e il prof fa rotare la chiave di avvio, inserendo la marcia. Un rumore gracchiante  provoca brividi grandiosi, del tipo …. gesso nuovo sulla lavagna, ecco la contromossa. Retromarcia e tentativo di scappar via della Bianchina - altro stridio e rumore così acre, come se noi tutti stessimo bevendo cicuta. Scende il prof dalla vettura (la Bianchina) e si accorge (bontà sua, che in ogni pneumatico sono conficcati due chiodi "da legnamè" (falegname) e solo a quel momento diede uno sguardo alla "folla" di ragazzi increduli sull'accaduto. Nessuno di noi, rise (lo facemmo dopo, nel pomeriggio, al campo di gioco), ma prestammo aiuto all'incauto docente. Seguì da parte di "kaiser" Violante un interrogatorio a tutto spiano, ma questa volta, la Gestapo fallì. Il caso fu archiviato per non destare scalpore e nemmeno per non fare proseliti, ma un risvolto positivo si attuò da subito: il professore "incriminato" scese a miti consigli sul modo di insegnare e, invece di apostrofare gli alunni (specie noi, i più grandicelli) con epiteti squallidi e da ignorante, si limitò a chiamarci come se facesse l'appello e, dopo gli esami finali, demmo l'addio alla scuola dei "tre corsi" (come si chiamavano allora i tre anni di scuola media superiore) e ogni alunno potette portarsi nel cuore un esempio quasi blasfemo, da non ripetere oltre, ma che aveva costretto la Scuola a rispettare gli Alunni che vogliono imparare e non ad essere sottomessi …. in schiavitù.

Giusepèn ascolta, poi dice solo "magatèl disbriò" (ragazzo vivace) e "pascienza" (pazienza) "o mantegnii o mazai" (o mantenerli o ammazzarli) …. tranquilli, siamo tutti vivi.

 

Gianluigi Marcora

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