È proprio aprile quando per la prima volta arrivano i frati a Busto Arsizio, in Stra Balon. Il 17 aprile di 120 anni fa. E la loro presenza è fondamentale oggi come ieri.
Come passare sotto silenzio questo considerevole momento per la storia della città? Giovanna Bonvicini, la storica crocerossina bustocca (da 52 anni nella Cri) che frequenta la parrocchia da quando aveva tre anni, insieme a Roberto Albè, appassionato di storia locale e altri autori hanno pensato bene di onorare l’ultracentenaria presenza dei frati con il libro “120 anni della presenza dei frati a Busto Arsizio”. Il testo verrà presentato mercoledì 27 aprile (ore 18) alla Galleria Boragno. Introduce la serata padre Illuminato Colombo, guardiano del convento dei frati.Dunque 17 aprile arrivano i frati, padre Gentile Mora, insieme a due sacerdoti e quattro fratelli laici: significa inizio della prima attività pastorale, prima messa che viene celebrata nella cappella (risale al 1888) annessa al convento, oggi sagrestia.
È interessante capire il perché arrivano. «Qui dobbiamo innanzitutto citare il nome di un grande benefattore, Roberto Tosi della manifattura di corso XX Settembre – spiega Giovanna Bonvicini – che nel rione voleva un luogo di spiritualità. C’è però anche una leggenda popolare che credeva che nelle vie limitrofe imperversasse il diavolo che distruggeva i raccolti e i frati avrebbero scoraggiato l’attività del demonio».
Quando i frati giungono a Busto non avevano nulla e l’imprenditore Tosi regala i primi letti per la permanenza e dona altro materiale indispensabile per garantire la loro presenza. Ma padre Mora prima di diventare sacerdote (lo sarà a 33 anni) aveva intrapreso studi economici ed era un agente di commercio. «Dunque sa metter a frutto gli aiuti economici per il convento – commenta Bonvicini – Con un permesso speciale inizia a costruire la chiesa. Don Bosco è suo amico e da lui, il paladino dell’educazione dei giovani, impara il modello per far sorgere l’oratorio. Capisce che i ragazzi avevano bisogno di una guida».
Presenza insostituibile, i frati si dedicano non solo ad attività spirituali, alla preghiera, ma anche al lavoro: coltivano la terra del convento, fanno beneficenza, questua, aiutano i poveri. Del resto sono sempre stati sorretti dal principio di “vivere in povertà e condividere con le persone bisognose”. Aiutati da alcuni industriali di Busto Arsizio, tra cui si citano i fratelli Milani e Roberto Tosi, rappresentano una presenza spirituale e un punto di riferimento per gli abitanti della Stra balon.
«Avevano proposto di vendere dei libri donati da padre Agostino Gemelli per ricavare un po’ di soldi – prosegue – ma padre Mora ha preferito evitare perché di argomento troppo elevato per i cittadini e si è dedicato invece alla vendita di santini e semplici oggetti». Oltre a Giovanna Bonvicini, hanno dato manforte al testo Roberto Albè che ha studiato documenti sull’acquisto del terreno e dell’edificazione del santuario, l’architetto Giulia Gambassi Pensa per studi e foto inedite, Paolo Rusconi che ha approfondito gli affreschi del Pandolfi. Impreziosiscono il libro anche le “testimonianze di vita sotto il campanile” di Peppino Orazi, le poesie in dialetto di Angelo Crespi detto il Masen che abitava di fronte alla chiesa, Lorenzo Soffiatti il giovane che offre una testimonianza dell’oratorio di oggi e padre Marco Ferrario con le riflessioni sulla chiesa di oggi.