Sociale | 18 dicembre 2025, 19:45

«Grazie per il cibo fatto con amore»: gli ospiti della Caritas scrivono agli studenti Enaip

Una lettera scritta a mano commuove l'istituto di viale Stelvio. Un foglio a quadretti firmato da persone di tutto il mondo per ringraziare i giovani cuochi guidati dai prof Colombo e Cucchetti. Il progetto solidale garantisce oltre trenta pasti caldi tre volte a settimana

C’è un foglio di quaderno a quadretti, scritto con pennarelli colorati, che in questi ultimi giorni del 2025 vale più di mille recensioni stellate. È arrivato sui banchi, o meglio, sui tavoli da lavoro dell’Enaip di Busto Arsizio, direttamente dalle mani di chi trova rifugio e un pasto caldo in via Pozzi, alla mensa della Caritas.
«Verso la Caritas Via Pozzi 7, da parte di Nostri Amici, i quali preparano il buon cibo con Amore e Carità Cristiane», recita l'intestazione decorata. A firmarlo è un gruppo eterogeneo di persone, uniti dalla necessità ma anche dalla gratitudine: «Noi Tutti [Marocco, Polonia, Romania, Italia, Tunisia, Ucraina, Perù, Uruguay...] con immensa gratitudine, per augurare ad ogni uno di Voi (allievi e professori) una serena Notte piena di stelle e seguita da ogni Festività Natalizia».
Un messaggio semplice, anche con qualche incertezza ortografica che ne certifica l’autenticità, che chiude augurando «Bontà, Prosperità, Costanza e Felice 2026».

Dietro questo scambio di auguri c’è una macchina della solidarietà ben oliata, attiva ormai da quasi un decennio. A raccontare il "dietro le quinte" di questa iniziativa è Max Colombo, tecnico di cucina e docente all’istituto bustocco di viale Stelvio, che insieme al collega Giovanni Cucchetti coordina le operazioni ai fornelli.

«È un programma che stiamo portando avanti dal 2016, collaborando con le Acli, ed è doveroso menzionare il mio collega, nonché docente di riferimento della cucina, Giovanni Cucchetti, che ha avviato il progetto proprio in quell'anno», spiega Colombo, ricostruendo la storia del servizio. Non si tratta di una simulazione, ma di lavoro vero: «In sostanza, per tre giorni alla settimana - il martedì, mercoledì e giovedì - facciamo questo piccolo servizio catering fornendo un primo e un secondo con contorno caldo che viene poi servito dai volontari in via Pozzi».

La logistica è precisa, incastrata tra le ore di lezione e le esigenze didattiche. «Io me ne occupo direttamente da due anni, ma seguo il progetto indirettamente da sei o sette», prosegue Colombo. «Coinvolgiamo due o tre ragazzi delle classi seconde nella prima parte dell’anno scolastico, e poi quelli di prima. Seguendo una sorta di turnazione, prepariamo questi pasti».

Il menù non è lasciato al caso, ma segue il ritmo della natura e della collaborazione interna all’istituto: «È un menù abbastanza semplice, ma varia a seconda della stagionalità e dei prodotti che potrebbero portarci i colleghi del settore agricolo, coltivati nell'orto e nelle serre direttamente dai ragazzi».
Ogni settimana, dalle cucine dell’Enaip escono decine di porzioni. «Serviamo circa 30 o 35 persone giornalmente. Negli anni scorsi siamo anche arrivati a 50, facendo anche un piccolo servizio freddo oltre al caldo», precisa il docente. «Noi prepariamo il tutto nelle teglie, poi vengono i volontari a ritirare e portano il cibo in via Pozzi dove arrivano le persone».

Per gli studenti, l’esperienza va oltre la semplice acquisizione di competenze tecniche. È una lezione di realtà. «Noi siamo tecnici di cucina, la nostra mansione è insegnare come si sta in cucina», chiarisce Colombo, sottolineando però il valore aggiunto dell'iniziativa: «I ragazzi lavorano quasi in autonomia, seguiti passo passo».
Non mancano le sfide, tipiche di chi sta imparando un mestiere: «L’inghippo è sempre dietro l'angolo e i tempi ristretti con cui prepariamo a volte non ci permettono di rimediare. Stiamo sempre parlando di ragazzini alle prime armi che ancora devono imparare tutto». Eppure, l’obiettivo è alto: «Cerchiamo di dar la possibilità a chi è meno fortunato di mangiare un pasto caldo quasi con qualità da ristorante».

La lettera ricevuta in questi giorni di festa conferma che l’obiettivo è stato raggiunto, non solo nel gusto ma nel cuore. «Sono molto contento di gestire questo progetto perché so che è fatto a fin di bene - conclude Max Colombo - così come, per la stessa ragione, anche i ragazzi sono ben felici di aderire».
Un esempio virtuoso di come la scuola possa uscire dalle aule e diventare parte integrante del tessuto sociale cittadino, trasformando una lezione di cucina in un gesto di cura per la comunità.

Giovanni Ferrario

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