Il sipario del Teatro Sociale si rialza e lo fa con un gesto simbolico: affidare la prima serata della nuova gestione a Stefano Massini, il narratore più popolare del momento, come l’ha definito Repubblica. Una scelta che suona come una dichiarazione d’intenti. Il teatro riapre interrogandosi su ciò che più ci definisce: le emozioni. E Massini, con il suo spettacolo L’alfabeto delle emozioni, accoglie il pubblico in un viaggio vertiginoso dentro il labirinto del sentire umano.
Il racconto di ciò che siamo
“Noi siamo quello che proviamo”, ricorda Massini all’inizio, e attorno a questa verità costruisce un immaginario alfabeto in cui ogni lettera porta il nome di un’emozione. Paura, felicità, malinconia: concetti che dovrebbero guidarci e invece oggi sembrano confondersi, sovrapporsi, perdere nitidezza. Ci dicono che siamo analfabeti emotivi, incapaci di chiamare le cose per nome. E allora Massini inventa un gioco, un sorteggio delle emozioni che diventa la chiave per raccontare storie che spaziano da Arthur Conan Doyle a Chagall, da Al Capone alla moglie di Giosuè Carducci. Una galleria di personaggi che esiste solo per mostrarci la forza e la fragilità dell’essere umano, esposte con ironia, leggerezza e una profonda sincerità.
La scena come una pagina bianca
La messinscena è essenziale, quasi monastica: due cubi e un parallelepipedo appoggiati su un tappeto irregolare. Da quei contenitori Massini estrae le lettere: emozioni, talvolta sedendosi, talvolta muovendosi come se stesse camminando dentro un pensiero. La povertà scenografica diventa ricchezza narrativa: nulla distoglie, tutto converge sull’unico linguaggio in cui siamo davvero nudi, quello delle emozioni. Massini ricorda che un neonato manifesta da subito le sei emozioni primarie—gioia, dolore, paura, rabbia, disgusto, sorpresa—eppure crescendo impariamo a nasconderle, a temerle. “Non farti vedere piangere”: è questa la prima lezione che impartiamo ai nostri figli. Le emozioni non ingannano, ed è proprio per questo che ci fanno paura.
Il pubblico come compagno di viaggio
La visione della serata conferma il perché di tanto entusiasmo. Sold out: 640 spettatori, con un’età media attorno ai cinquanta anni, hanno accolto il debutto della nuova gestione. E non si tratta di un caso isolato. Dal botteghino raccontano di una risposta sorprendente anche per altri appuntamenti: il 27 marzo Barbascura è già esaurito con un pubblico molto giovane, e stanno vendendo bene anche gli spettacoli con Carofiglio, Amatucci, Ale e Franz, oltre alla serata di Capodanno. «Siamo soddisfatti – commentano – per noi era un territorio nuovo, che conoscevamo poco. Abbiamo puntato su un’offerta varia e il pubblico sta rispondendo bene».
Il viaggio tra rabbia, felicità, nostalgia e paura
E così, nel suo gioco di estrazioni, Massini parte dalla rabbia, che definisce una reazione all’indifferenza, per poi arrivare alla felicità, quell’emozione da cui pretendiamo stabilità come se potesse essere un punto fermo. Si passa alla nostalgia, alla paura, all’intero vocabolario di ciò che ci abita dentro. Ogni parola diventa un frammento di vita, ogni emozione una storia che mette in moto altre storie. Il pubblico ascolta, ride, si commuove, riconosce se stesso.
Il Teatro Sociale riparte da qui: da un narratore che sa parlare al cuore e da una comunità che risponde con entusiasmo.










