Giusepèn discute un po' sulla questione economica... "a butìa sempar pissè coa" (la bottega - per dire il negozio - sempre più cara) per via dei rincari sui prezzi che non collimano più con le pensioni. E non sto qui a parlare della gente che riduce il vitto, che non si cura adeguatamente, da quanto si spende per i migranti che giungono in Italia e che "si perdono" e che portano gli extracomunitari a popolare le carceri - siamo a 7 su 10 italiani a popolare le "patrie galere".
Sposta subito il discorso, Giusepèn sui taccagni, gli avari o, come s'è detto nel titolo, gli spilorci. Da noi, a Busto Arsizio, per precisione, c'era un detto (centellinato non dagli indigeni, ma dai "fuesti" forestieri) che "a Busto hanno le braccine corte", per dire che si è molto parchi nello spendere e addirittura restii ad aiutare il prossimo - fatemelo scrivere da Bustocco-purosangue: ciò è una corbelleria offensiva che la gente di Busto Arsizio non merita - basta dire che parecchie (ne elenco solo una: l'Ospedale) opere pubbliche sono sorte per l'altruismo della gente di Busto e, senza tema di smentita, Busto Arsizio è una delle poche POCHE città italiane che vanta questo primato.
Torniamo sul detto dei nostri "avi", per redigerlo al completo - senza scandalo e senza paura. Quando qualcuno si esimeva dal "dare una mano" gli si appioppava una frase "colorita", un tantino "pepata", ma con tanti significati incorporati - "chèl lì, l'e'n taca su e al mangia non par non cago". Per dire che "quel tale, è così spilorcio, da non mangiare per non andare in bagno" - come si evince, non ho voluto tradurre col volgare, ma il detto, la dice lunga per salvaguardare tutti gli altri che, non sono dei "tacà su" - si usava quel detto, specie all'uscita degli operai dalle fabbriche, alla sera - quale diversivo era loro concesso di fermarsi "a Ustaìa" (all'Osteria) per un bicchier di vino, in compagnia ed era uso che nel crocchio di tre, quattro persone, si faceva a turno a pagare la comanda senza "appoggiarsi" ai soliti pagatori - chiaro che il "furbetto" esisteva anche allora; colui che al "giro" che lo "obbligava al rito" o non si presentava o faceva lo gnorri, sino a quando veniva platealmente smascherato per la scarsa attitudine a non rispettare i "doveri" morali, economici.
Quando poi "costui" pretendeva di dire "u pagò iersia" (ho pagato ieri sera), in coro gli si mostrava il conto, con tanto di elenco dei "pagatori" degli ultimi "quindas'dì" (quindici giorni). - per la seconda parte della frase, è facile l'accostamento - le razioni pro-capite erano contenute, per gli adulti, ma per i giovani e chi doveva sostenere un lavoro improbo, come quello del Contadino, ad esempio, si predisponevano razioni semplici "chi tegnan pastu" (che tengono pasto - togliendo la fame) e dare energie da spendere nei lavori faticosi.
Molti "piatti" della Cucina Bustocca, rappresentano l'emblema della "sostanza" degli ingredienti e della loro genuinità, confezionati con prodotti "fatti in casa" provenienti dall'orto e dalla campagna.
Oltre ai Bruscitti, alla Casoela, e a qualche altro "piatto" non conosco altre leccornie della Cucina Bustocca - tuttavia ho rilevato che sono elencate oltre una ventina di altre leccornie. Il Magistero dei Bruscitti possiede l'elenco completo.
Torniamo al "taca su" che può essere di... indole, ma pure per necessità - non si possono far calcoli completi sul "tenore di vita" delle famiglie - di certo, quel detto è sorto nei tempi indietro, dove "ul paesàn" (il Contadino) aspettava i tempi del raccolto, per redigere un bilancio familiare sincero che doveva durare sino al … prossimo raccolto - vero, allora non c'erano Ferie, non esisteva la Vacanza, non c'era la necessità di comprare abiti per ogni Stagione, ma si doveva stare accorti, nello spendere e nel gestirsi - così, sorsero altri "detti" che giustificavano quei tempi: il "dogni sberlòi àa buca" (trattenersi nell'andare fuori-menù), "chi lu misùa lu dua" (chi ne tien conto, fa durare quanto possiede), "l'e non sempar festa" (non è sempre domenica) quando in tutte le case Bustocche c'era un "tacito menù fisso": risottu cunt'àa lugoniga - lessu cunt'ul bruscu - lurdaia che in altri giorni del mese, nemmeno dovevano essere citati, tipo pulenta, minestra, supa (zuppa) e oei (uova).- anca i "taca su", i "tignòn", gli spilorci, dovevano adeguarsi al Costume Cittadino!










