È dall’inizio dell’anno che ogni 15 giorni vedo comparire sul social Facebook scritti di amici bustocchi che avvisano i propri contatti che gli è stato “rubato o clonato o doppiato o hackerato” il profilo Instagram o Facebook o WhatsApp o Tic Toc… e quindi di diffidare dall’aprire link o dal rispondere a messaggi “strani” provenienti da loro; l’ultima comunicazione di questo tipo che ho letto risale a un paio di giorni fa riguardo il furto di un account Instagram.
Onestamente ammetto che li ho sempre letti distrattamente senza dargli troppo peso e senza farmi molte domande, finché anche a me è capitato: il mese scorso, proprio nei giorni di Pasqua, mi sono trovata con l’account WhatsApp clonato e quindi fuori uso per una settimana. Non ho potuto avvisare tutta la mia rubrica, ma ho chiamato le persone che sento di più o con cui ho contatti lavorativi o medici e la maggior parte di loro mi ha chiesto come mai mi fosse successo ciò. Non so il perché ma so che purtroppo questi inconvenienti capitano più di quanto pensassi, ma in questo periodo mi sembra che noi bustocchi siamo particolarmente bersagliati; di sicuro è solo una mia impressione fedele al pensiero che quando ti capita qualcosa in prima persona, poi per un tot di tempo vedi ovunque quella cosa e ne senti parlare continuamente.
Quando accadono imprevisti del genere il fastidio è notevole ma fortunatamente è tutto risolvibile in meno di una decina di giorni e, con anche un po’ di fortuna, è possibile recuperare la maggior parte dei contenuti fino all’ultimo backup eseguito. Nell’attesa di tornare in possesso del mio profilo, ho fatto un tuffo nel passato di dieci anni tornando a mandare i “buoni” vecchi SMS di solo testo con la scrittura abbreviata per risparmiare caratteri e le emoticon fatte con i segni di punteggiatura per rappresentare “faccine” stilizzate ruotate a sinistra di 90°: ho vissuto una situazione amarcord ma che ha le sue radici in una esperienza del 2025.
Le vecchie emoticon, hanno riacceso in me un’infinità di ricordi adolescenziali ma anche la curiosità sulla loro origine. Così ho fatto una ricerca ed ho scoperto che la loro nascita è controversa per la paternità ma non per il fine di rendere più chiaro il senso della comunicazione scritta. Esse infatti sono combinazioni di segni grafici, già presenti su ogni tastiera (parentesi, due punti, uguale, asterisco...), con il compito di integrare la comunicazione non verbale e dargli diversa tonalità soprattutto negli scambi di messaggi telematici al fine di rispondere all’esigenza di dipanare i dubbi di senso in presenza di frasi equivocabili per non creare fraintendimenti e malintesi.
Secondo alcuni fu Kevin Mackenzie il 12 aprile 1979 ad introdurre l’uso delle “faccine coricate” nella MsgGroup, la prima mailing list di Arpanet (la rete prima di Internet). Altre fonti attestano che nei primi anni ’80 fu lo scienziato informatico Scott Fahlman a proporre, all’interno della BBS della Carnegie Mellon University, di utilizzare le sequenze di caratteri :-) e :-( -ovvero una "faccina sorridente" e una "faccina triste"- per sopperire a incomprensioni durante lo scambio di messaggi online. Entrambe queste due ipotesi affondano le loro radici nel mondo reale degli anni’70/’80 quando era di gran moda la Smiley Face (faccina sorridente gialla) ideata da Harvey Ball nel 1963 per placare i malumori sorti in seguito allo fusione di due compagnie assicurative.
Nel 2025 le emoticons (un viso realizzato dalla combinazione di segni di punteggiatura) si chiamano comunemente emoji (immagini di espressioni facciali e di svariati oggetti tra cui scegliere) e il loro uso dilagante è uno strumento diventato orai quasi “essenziale”per relazionarsi on-line ma anche pericoloso perché favorisce l’incapacità di esprimere i sentimenti. A volte è bello “disintossicarsi di emoji” per tornare alle origini delle emoticons da comporre personalmente.