Una serata che ha fatto discutere, riflettere, emozionare. Mercoledì 28 maggio, Legnano ha ospitato un evento fuori dall’ordinario: un'intermeeting tra Ucid Sezione Bustese Alto Milanese e Valle Olona, Lions Club Lombardia Digital LD e Famiglia Legnanese, per un appuntamento che ha messo al centro il giornalismo di frontiera e una delle questioni più controverse del nostro tempo: l’immigrazione.
Cornice dell’evento, il ristorante Dinner The Mode, ospite d’eccezione: Fausto Biloslavo, reporter di guerra con quarant’anni di esperienza sul campo, che ha presentato il suo ultimo libro: “Talebani dell’accoglienza – Vittime e mercanti del business dell’immigrazione” (Signs Publishing, 2024). A dialogare con lui, il giornalista Andrea Sicco, esperto di comunicazione istituzionale e direttore della testata ImprontaZero®.
Un incontro che rompe gli schemi
A introdurre la serata è stata Annalisa Girola, cerimoniere dei Lions, che ha aperto l’incontro presentando le cariche intervenute: il presidente del Lions Club Lombardia Digital Stefano Garoni, il presidente Ucid Roberto Caironi, il presidente della Famiglia legnanese Gianfranco Bononi, il presidente della III Circoscrizione del Distretto Lions 108 Ib1 Andrea Arnaudo e lo sponsor della serata BB Group, rappresentato dal dottor Donzelli.
Il past president Ucid Gabriele Fontana ha poi dato lettura della "Preghiera dell'imprenditore e del dirigente", mentre Annalisa Girola ha snocciolato le finalità dei Lions, ponendo l’accento su parole chiave: organizzazione, coordinamento, creazione, promozione, partecipazione, unità e incoraggiamento.
Un reporter nel cuore del mondo
Girola ha tracciato con precisione e partecipazione la biografia professionale di Biloslavo: «Il suo battesimo del fuoco – ha letto – è un reportage durante l’invasione israeliana del Libano nel 1982, dove è l’unico a fotografare Yasser Arafat in fuga da Beirut. Negli anni Ottanta copre le guerre dimenticate, dall’Afghanistan all’Africa, fino all’Estremo Oriente. Nel 1987 viene catturato e tenuto prigioniero a Kabul per sette mesi, dopo un reportage con la resistenza afghana contro l’Armata russa. Il capo dello Stato di allora, Francesco Cossiga, ottiene la sua liberazione. Un anno dopo torna a Kabul e viene investito da un camion militare che lo riduce in fin di vita. Segue i conflitti peggiori, come il genocidio in Ruanda, e nei Balcani racconta tutte le guerre: dalla Croazia, alla Bosnia, al Kosovo e oggi l’Ucraina».
“Talebani dell’accoglienza”: un titolo che provoca
Biloslavo, con l’abituale stile diretto e asciutto, ha illustrato la genesi del suo libro-inchiesta: «Talebani è sinonimo di estremismo. I talebani dell’accoglienza sono tanti. Il soccorso in mare deve essere gestito. Non possiamo accoglierli tutti: tutti staranno male e di riflesso avremo problemi anche noi. Accogliamo il numero di persone che serve e cerchiamo di dare loro una vita degna di essere vissuta».
Ha raccontato l’universo sommerso delle Ong, spesso finanziate da attori insospettabili: «I talebani dell’accoglienza sono un mondo di finanziatori dell’Ong: cantanti, attori, chiese (non solo quella cattolica), e soprattutto milioni di euro statali in sovvenzioni e finanziamenti. Una Ong, candidamente, ammetteva di avere bisogno di 160mila euro al mese per andare avanti».
La serata è proseguita con la proiezione di un breve video, introduttivo al libro, dal titolo provocatorio: “Vittime?”. «Ho messo il punto di domanda – spiega Biloslavo – perché sono vittime dei trafficanti, che li trattano come schiavi, ma anche vittime di se stessi: si illudono che esista ancora un Eldorado occidentale, ma così non è».
Storie vere, numeri scomodi, violenze inascoltate
Nel corso dell’incontro, Biloslavo ha raccontato episodi drammatici raccolti nei suoi viaggi lungo le rotte migratorie: «I centri di detenzione in Libia sono posti terribili, ma sono nulla a confronto dei veri lager che sono gestiti dai trafficanti. Il grosso di questa massa umana è nelle loro grinfie. Quando un migrante fugge e viene riacciuffato, gli mettono uno pneumatico attorno al corpo, lo cospargono di benzina e gli danno fuoco. I veri delinquenti sono i trafficanti: quelli che purtroppo riusciamo a prendere di meno, le reti sono annidate in Libia, Sudan, Etiopia, Turchia e non si riescono a snidare».
“Abbiamo commesso un errore strategico fatale”
Per Biloslavo, la vera esplosione del fenomeno migratorio risale a un errore politico preciso: «La crisi è esplosa dopo il bombardamento della Libia: il nostro clamoroso errore strategico, il peggiore dopo la seconda guerra mondiale. Gheddafi lo aveva detto: un milione di africani arriverà in Italia. E così è stato». Da allora, i flussi non si sono più fermati. Dal 2014 al 2017 sono arrivate 180mila persone via mare. Poi il calo durante il Covid. Un nuovo aumento nel 2023.
«Negli ultimi dieci anni – sottolinea – guardiamo le nazionalità: quanti fuggono davvero dalla guerra? Tunisini, bengalesi, egiziani, poi gli altri. La narrativa è falsa: chi scappa da guerre è una minoranza. E tra questi ci sono anche i ‘furbetti’, come certi eritrei che dovrebbero avere diritto d’asilo».
Ha spiegato in dettaglio anche il funzionamento delle rotte migratorie e il ruolo della Tunisia come punto di partenza, passando per deserti, barchini, risse in mare e sassi lanciati alla guardia costiera. E ha denunciato: «La rotta balcanica resta invisibile: Trieste è una piccola Lampedusa terrestre, ma non fa notizia come i barconi. E molti migranti, dopo aver chiesto asilo, se ne vanno in altri paesi europei».
La magistratura? “Gioca una partita politica”
Non è mancata una stoccata anche al sistema giudiziario: «Avevo previsto che i centri di accoglienza non sarebbero partiti: ci avrebbero messo bastoni tra le ruote. Una parte della magistratura gioca su questa crisi una partita politica, ideologica. Prendono decisioni in base a considerazioni su una realtà che non conoscono».
Ha poi sottolineato come i veri “paperoni” siano i trafficanti, con entrate per centinaia di milioni di euro. «Un viaggio dal Bangladesh? Pagato dalle famiglie a casa o da parenti già in Europa».
Solidarietà che lascia il segno
Il valore della serata non si è fermato alle parole. Il pubblico, numeroso e partecipe, ha acquistato molte copie del libro. L’intero ricavato andrà a favore della “Casa di Gabri”, comunità per minori con gravi disabilità. Un gesto concreto, che ha dato senso e profondità all’incontro.
Il ricordo di un maestro
In chiusura, Fausto Biloslavo ha voluto dedicare un pensiero a chi lo ha ispirato nel mestiere: «Indro Montanelli è stato uno dei più grandi direttori, un uomo d’altri tempi. Mi ha insegnato tanto. Aveva un carisma fortissimo».
Una serata che resterà
La sala era piena. Di persone, di attenzione, di dubbi e di emozioni. Non un evento qualsiasi, ma un momento raro di confronto, di pensiero libero e solidale.