Ieri... oggi, è già domani | 22 ottobre 2024, 05:00

"danè me gèa" - soldi come ghiaia

Non è vero che "con le parole non si campa" come dicono molti Autori, ma le parole serie che fanno trasparire la buona fede e la serietà con cui si offrono al Lettore, producono benessere

"danè me gèa" - soldi come ghiaia

Trilla il campanello di casa. Un pizzico di apprensione, ce l'ho. Non sono ancora le 8 del mattino e, a quell'ora è raro, molto raro che qualcuno voglia mettersi in contatto con me. Dal citofono appare Maria e subito dopo vedo suo padre Giusepèn. Apro immediatamente. Li vado ad accogliere nell'atrio e prima di salire le scale, mostro il mio sguardo attonito che incontra quello corrucciato di Maria e quello ilare del suo papà. Attacca subito, Giusepèn: "gu chi da diti 'na roba 'purtanti" (ho da dirti qualcosa di importante) che subito Giusepèn palesa. Che vuole manifestare con enfasi. "ma sontu ricurdò s'a disèan i vegi al Circul, candu un caichedogn al diventèa sciui" (mi sono ricordato cosa dicevano i vecchi, al Circolo, quando qualcuno si arricchiva) - intuisco dove Giusepèn vuole andare a parare, ma gli lascio il gusto della sorpresa. Eccola, allora: "te fe danè me gèa" che letteralmente vuole dire "fai soldi come la ghiaia" che, di per sé può indurre in molteplici spiegazioni. Tuttavia, quella reale ha radici profonde. Che meritano una spiegazione logica.

All'epoca, di strade "cunt'ul mudròn" (con l'asfalto) ce n'erano pochissime e venivano percorse per lo più da carretti trainati dai cavalli. L'uso continuo dei molti carretti (o caretòn), provocava alle strade, solchi e buche a non finire. Che si riempivano di pioggia, ma pure di "rifiuti" che anche allora, la gente incivile, buttava nei fossi. Quindi, l'Amministrazione pubblica, provvedeva alla manutenzione delle strade e, faceva riempire quei "solchi" dalla ghiaia "gèa o giaiettu" (ghiaia o ghiaietto) in base allo spessore dei sassi. Ovvio che di ghiaia ne occorreva in grande quantità; quindi, ecco l'accostamento dei "danè" (soldi) con la "ghiaia" - si metteva a confronto la quantità dei soldi guadagnati con una qualsiasi attività operativa, con la quantità di ghiaia (o ghiaietto) occorrente per tappare le falle della strada. A onor del vero, non solo i carretti trainati dai cavalli, transitavano in gran numero, per le strade, ma pure il via-vai di biciclette (tantissime) e di pedoni (molti"cui zucrauni" (gli zoccoloni) ai piedi, richiedevano alle strade un'accurata manutenzione.

Di vetture in giro, se ne contavano abbastanza. Allora, "i sciui" (i ricchi) possedevano la "Balilla" o la "Bugatti" e qualcuno, possedeva la "Ardea", la vettura-madre della Lancia.  Tutte più o meno con la velocità "astronomica" che raggiungeva i ….40 e anche i 60 KM orari.

"Candu i pasèan" (quando transitavano) rimarca Giusepèn "i fèan  un pulveròn cal sumèea a zipria e te duei lavossi tre o quatar oelti al dì" (sollevavano un polverone che assomigliava alla cipria che costringeva a lavarsi tre o quattro volte al giorno).

Giusepèn va oltre alla precisazione. "al Circul, chi l'à stèa benasciu al ghèa danè me gèa, sedanon ga disean ….te vendu'l rudu?" (al Circolo, chi stava benissimo, aveva tanti soldi, altrimenti dicevano ….hai venduto il letame?) che era un altro modo per commentare chi aveva una vita agiata che la si riscontrava nel modo di vestire, delle "mani curate e senza calli" e ovviamente da come circolava.

Poi, la "stoccata finale" di Giusepèn, a me: "e ti? cunt'ul Giurnol e i libar, t'e fèi danè me gèa?" (tu, col Giornale e i Libri, ti sei arricchito?) - prima gli sorrido, poi rispondo solo: "basta guardarsi in giro, caro il mio Giusepèn, vita decorosa, sicuramente … il Giornale e i Libri, mi hanno consentito una vita certamente non di stenti. Arricchito, no di certo, ma per un giusto vivere, non posso e non voglio lamentarmi. Non è vero che "con le parole non si campa" come dicono molti Autori, ma le parole serie che fanno trasparire la buona fede e la serietà con cui si offrono al Lettore, producono benessere. Giusepèn mi abbraccia e con lo sguardo sembra chiedermi il Nocino …. ma è mattina  e, sotto lo sguardo attento di Maria  -vista l'ora- ci limitiamo al caffè …"si, ma cunt'un gutèn da gropa" (si, ma un goccino di grappa) e prima di far parlare la figlia Maria, aggiungo "un gutèn eh" e Giusepèn è felice.

Gianluigi Marcora

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