"sa ghe Giusepèn? (cosa c'è Giuseppino?) Lo vedo cogli occhi melanconici, Giuseppino. Lui non sa mentire. Qualcosa lo turba. Desidero sapere. Avere di fronte un uomo tipicamente gioioso e ora con l'aria triste, mi fa specie. "u lenciu su effebi (dice proprio così, per indicare Face Book) dul giru in Africa e m'è gnu in menti oltar pensèi" (ho letto su facebook del giro in Africa e mi sono venuti in mente altri pensieri). So a cui Giusepèn si riferisce. Lui si duole nel farmelo ricordare, ma guardo i suoi occhi tristi e vorrei commutarli in sguardi felici.
Qui non posso dimenticare il cielo color porpora osservato in Tanzania, lungo i tre Parchi "Ngoro- Ngoro-Taranghire-Serengheti" e nemmeno il coccodrillo che "dal vivo" trascina una zebra sotto le acque e (immagino) la sminuzza con le fauci e la divora. Nemmeno dimentico gli animali nelle diverse specie e mi sta in mente sia la leonessa che accudisce i leoncini sia il leone con la sua criniera gagliarda che fa il "macho" dopo le reiterate lusinghe della sua femmina.
Sui fenicotteri rosa c'è eleganza e raffinatezza, mentre il rinoceronte lo "vedo" dentro la sua rudezza con quel corno appetibile a chi crede nelle sue funzioni …. sessuali. I baobab, poi sono mastodontici e mi fanno pensare pure alla "panterona" appollaiata sui rami, in attesa di colpire, forse ghermire una delle prede che le costituiranno pranzo e cena. Accenno un po' a elefanti e gnu e pure a giraffe e giaguari, ma Giusepèn è sempre lì, attonito e quasi evanescente sul mio racconto. A lui preme farmi ricordare un epodio che non gli scappa via, ma che per me è stato (ed è) atroce.
Per ottemperare alla promessa di vacanza fatta a mia figlia, sono rimasto in attesa, sino a prima della partenza, dell'esito degli esami clinici di mamma. L'amico dottore Franco Rocca mi aveva convocato per metà/fine settembre e non l'aveva fatto. Ho quindi pregato mio cugino Paolo di accudire a mamma durante la mia assenza e lui aveva acconsentito. Al ritorno trovo Paolo che mi informa del ricovero in Ospedale di mamma ed io lo abbraccio e lo ringrazio per le sue premure.
Telefono al Dr. Rocca per l'appuntamento e lui è solerte nel dirmi "quando vuoi". Mi precipito da lui. Dopo i saluti, dice subito "non sapevo come mettermi in contatto con te, ma tuo cugino mi ha detto dov'eri" Non c'erano impianti telefonici lungo il Safari e "non volevo disturbarti al Villaggio, ma parlarti di persona", poi …."tua mamma non arriva a Natale". Fu per me una cruenta e crudele verità che ho assorbito con immensa fatica. Prima di andare in reparto dove mamma era ricoverata, ci ho messo almeno tre quarti d'ora. Poi eccola, mamma …. sofferente e bella solo per depistarmi e al mio "come va?" è giunto in un battibaleno il suo "a sto ben" (sto bene) …. l'ho abbracciata. Mi scoppiava il cuore. E lei "so che pensi a tua figlia lontana per lavoro e vorresti averla qui". Ho solo annuito. Non riuscivo a parlarle. Poi mi ha fatto raccontare "ma l'è'ndèi a vacanza" (come è andata), mentre le guardavo i suoi occhi buoni che volevano darmi protezione. Giusepèn mi fa notare che proprio il 9 dicembre 1996 …. mamma è diventata il mio Angelo Custode e che il bravo Dr. Rocca aveva intuito giusto.
A Giusepèn è tornato l'umore di sempre e mentre scrivo queste note, "mi confesso" che mi sono detto più volte di non commentare quella vacanza. Mi faceva tornare in mente altri pensieri e avrei voluto "liberare la mente". Prima, non mi sono sentito capace. Ci soffrivo e non me ne facevo una ragione. Poi ho compreso che all'epoca, non esistevo, non erano pensieri miei e che il "libera la mente" voleva significare, ciò che conta è qui e ora. Il resto è solo esperienza.
Rivedo quel sole a picco a mezzogiorno e quella "notte" prima del tramonto. La vicinanza all'Equatore fa di queste sorprese. Come il mio stato d'animo passato dal torpore più atroce alla convinzione più nobile e austera che ho provato scrivendo quei quattro racconti. Non ne farò un Libro, come qualche bonaria Lettrice mi ha suggerito. Sarebbe come dare risalto al rimorso di non essere stato accanto a mamma in quei terribili momenti; di non avere vissuto il tempo in cui ero nessuno e "per lei" non esistevo o potere esternare una "natura" che avevo vissuto con sentimento, ma che dovevo (o non volevo) dimenticare. Ho pensato a quel titolo di Libro e di Report che diceva "Africa, addio!" con l'eperienza poi di tro giorni a febbre che oscillava dai 40° ai 42° e che "denrro" stavo bene, ma che "fuori" era un tourbillon di emozione che passavano dall'esasperazione più cocente, all'esaltazione sublime. Sarò stato un "castigo" con chi mi "viveva", ma in Redazione e altrove, mi hanno tollerato.
Articolo Pubblicato in precedenza, in agosto ottima lettura anche per oggi.