Una carriera ai vertici non le basta. Un'attività professionale in piena espansione nemmeno. Martina Rabbolini, a 27 anni, è l'incarnazione della crescita continua, una campionessa che sposta l'asticella sempre un po' più in alto, in vasca e fuori. L'ultima impresa è fresca: ai Mondiali di nuoto paralimpico di Singapore ha migliorato di oltre un secondo il suo record italiano nei 100 rana SB11, un tempo sbalorditivo che l'ha consacrata ancora una volta nell'élite mondiale e che segna l'inizio di una nuova, entusiasmante fase della sua carriera.
«Mi aspettavo un miglioramento, ma non così alto. Un secondo e 21 è tantissimo», racconta soddisfatta l'atleta non vedente. Un risultato che non è frutto del caso, ma di una completa reinvenzione tecnica e strategica. «Abbiamo lavorato su un nuovo approccio al centro rana», spiega Martina, svelando i segreti del suo successo. «Passare molto più veloce, con una frequenza molto più alta, e ridurre al minimo lo scivolo e i tempi morti tra gambata e bracciata». Un trionfo della programmazione e del sacrificio, studiato a tavolino con il suo allenatore Roberto Merlo e supportato da un «lavoro devastante in palestra» con il preparatore Raffaele Albero. Un'evoluzione che, dopo tanti anni ad alto livello, dimostra una fame di vittoria e una voglia di mettersi in gioco ancora intatte. E non è finita qui: «Secondo me c'è ancora margine. Siamo consapevoli di avere un obiettivo, che adesso non dirò, ma non è infattibile». Lo diciamo noi, citando i Mamas & Papas: "California Dreamin'".
«Non sono solo nuotatrice»: la crescita fuori dalla vasca
Il vero segreto di Martina, forse, sta proprio nel suo equilibrio. «Io non sono solo nuotatrice», precisa con fermezza. E ha ragione. Quando non è in acqua a macinare chilometri, è una professionista stimata, con il suo studio di nutrizione in via Ferrazzi a Villa Cortese, il suo paese, che in un solo anno ha visto i pazienti «aumentare esponenzialmente». La sua sete di conoscenza è inarrestabile: ha appena concluso un master in Nutrizione e Sport e ne ha già iniziato un altro in Fitoterapia Applicata, per approfondire «l'utilizzo delle erbe officinali per curare stati patologici o seguire stati fisiologici, come nell'attività sportiva o in gravidanza».
Una vita frenetica, che gestisce con un'energia che lei stessa definisce quasi "patologica". «Penso di avere la sindrome dell'iperattività - scherza Martina - Non riesco a fermarmi nemmeno per due ore». È questa spinta interiore che le permette di eccellere su più fronti, portando nel suo lavoro l'empatia e la disciplina maturate in anni di sport. «Penso che l'empatia sia alla base», sottolinea, un valore che la rende una professionista capace di comprendere a fondo le esigenze di chi si affida a lei.
Lo Sguardo su Milano-Cortina: Una Fiaccola per l'Inclusione
Questa nuova maturità le ha permesso di raggiungere una nuova consapevolezza, vivendo lo sport con più gioia e meno ansia da prestazione. «Mi diverto molto di più», confessa. «Sono all'apice non solo della mia carriera sportiva, ma della Martina persona». Un percorso di crescita che le ha insegnato a trarre forza anche dai momenti difficili. «Possono esserci dei momenti no. Bisogna prenderli, analizzarli, piangere anche a volte, ma non farsi buttar giù. Sono quelli che ci fanno crescere di più».
Il suo rapporto con le competizioni invernali è ironico e distaccato. Come il collega Federico Morlacchi (LEGGI QUI), anche lei preferisce l'elemento base del suo sport in una forma ben precisa: «L'acqua mi piace solo in forma liquida e se ci sto dentro». Nessuna ambizione sulla neve, quindi, ma un ruolo da protagonista a Milano-Cortina 2026 lo avrà comunque.
«Sarò tedofora per le Olimpiadi», annuncia con orgoglio. Un'investitura prestigiosa che accoglie con grande senso di responsabilità. «È una cosa molto importante perché permette di portare avanti il messaggio di inclusione». Un onore che la vedrà rappresentare i valori più alti dello sport, unendo il mondo olimpico e quello paralimpico.
Mentre attende di sapere dove e quando porterà la fiamma olimpica, i suoi obiettivi sportivi restano chiari. Prima un meeting a Brescia, poi gli Europei del prossimo anno e, sullo sfondo, il sogno della sua quarta Paralimpiade. «Non c'è due senza tre, la quarta vien da sé», dice ridendo. Per una come lei, che non si ferma mai ma lo fa sempre con sincerità e dolcezza, sembra quasi una promessa.







