Sport - 16 ottobre 2025, 10:30

L'INTERVISTA. Vito Lascaro, la forza della sfida: «Io, l’handbike e una vita che correrà fino ai 70 anni»

Dall’incidente che lo ha costretto sulla sedia a rotelle alla maglia rosa del Giro d’Italia Handbike, la storia di Vito Lascaro è un esempio di forza e passione. Atleta instancabile e simbolo di rinascita, corre ogni giorno con la stessa determinazione di chi non si arrende mai e guarda già alle prossime sfide, con lo sguardo interessato su Milano Cortina 2026 e una sfida: restare in sella finché il cuore lo spinge avanti. «Con la mia handbike voglio arrivare fino a 70 anni»

Vito Lascaro, pluricampione regionale e vincitore del Giro d’Italia Handbike nel 2023

Vito Lascaro, pluricampione regionale e vincitore del Giro d’Italia Handbike nel 2023

Ride spesso, anche di se stesso, Vito Lascaro. Lo fa con quell’ironia che solo chi ha conosciuto (e conosce) la fatica vera può permettersi: «Prima ci chiamavano handicappati, adesso disabili o diversamente abili. A me non importa: vorrei solo che ci considerassero persone con necessità concrete, come camere d’albergo adatte. È lì che, paradossalmente, arriva la vera fatica. Servirebbe più rispetto, anche nei gesti di ogni giorno - come quando si parcheggia l’auto. I posti riservati non sono un privilegio, ma una necessità. Basterebbe un po’ più di senso civico». Le sue parole pesano, ma non per rabbia: per verità. Perché dietro ogni suo sorriso c’è la determinazione di chi ha deciso di non fermarsi mai.

Quando l’incidente, nel 2013, lo ha costretto sulla sedia a rotelle, Vito era già ciclista. Aveva iniziato a vent’anni, spinto da una “moda” - la mountain bike - e da un gruppo di amici. Ma quella non era solo una passione: era una parte di sé. «Dopo quello che mi è successo ho cambiato posizione, non mentalità», racconta. La bici è rimasta la sua bussola. Dopo sei mesi di ospedale e riabilitazione, ha scelto di ripartire in sella, anzi, sdraiato sulla sua handbike. Dal 2014 ha corso per la Polha Varese, poi, da quest’anno, per l’Active Team La Leonessa di Brescia, una squadra con cui ha trovato un ambiente ancora più vicino alle sue esigenze di ciclista paralimpico.

Vito è un uomo che vive da atleta a 360 gradi. Si allena cinque o sei giorni a settimana, per oltre 15mila chilometri all’anno. Ogni mattina carica in macchina la bici, la sedia a rotelle, guida fino al percorso, si allena e torna a casa verso le 14. Tutto da solo. Nessuna scorciatoia, solo fatica e costanza. «Se vuoi arrivare in alto, devi fare le cose per bene - dice -. Niente è obbligatorio, ma se non lo fai ti devi accontentare. E io non mi accontento». Vito Lascaro ha il suo preparatore atletico, Federico Sannelli, che lo segue passo passo, con tabelle settimanali. «Se si vogliono raggiungere certi livelli, bisogna curare la preparazione fisica e l’alimentazione - ammette ridendo - ma faccio molta fatica a seguire un nutrizionista, sono troppo goloso».

Il risultato? Vittorie, tante. Come quella di Muggiò, domenica scorsa, l’ultima perla di un’altra stagione trionfale. Nel 2023 ha coronato il sogno della vita: vincere il Giro d’Italia Handbike. «La maglia rosa l’ho sempre sognata. Quando l’ho indossata, ho pensato: ce l’ho fatta davvero». Oggi la conserva a casa come un “gioiello”, più prezioso di qualsiasi trofeo.

«La cosa bella dell’handbike è che l’età conta solo fino a un certo punto», racconta ancora Vito Lascaro con un sorriso. «Ma l’allenamento va preso sul serio: nessuno ti regala niente e la concorrenza è alta. Il mio diretto rivale, anche se gareggiamo in categorie diverse, ha 28 anni, io invece sono coetaneo di sua madre... potrei essere suo padre» scherza. Da sempre competitivo, ama l’adrenalina della partenza, «quella sensazione che ti scorre dentro e diventa la benzina migliore». Ogni anno affronta una ventina di gare: ora, con la stagione quasi conclusa e l’ultima tappa nazionale a Udine a fine ottobre, si concederà una breve pausa di dieci giorni prima di tornare ad allenarsi a metà novembre, pronto a ripartire con la stessa determinazione di sempre.

Dietro l’atleta, c’è la persona. E accanto a lui, sempre, Susanna Arnoldi, sua moglie: lavora all’asilo durante la settimana, tifosa instancabile nei weekend di gara. «Spesso - racconta Susanna - alle corse non c’è nessuno a raccontare le loro storie. Eppure i sacrifici che fanno, la passione che mettono, meriterebbero più visibilità». Lei è la prima a vedere cosa c’è dietro ogni vittoria: allenamenti, viaggi, imprevisti, e un amore per lo sport che contagia chiunque incontri Vito. E lo segue ovunque, anche ora che da quest’anno non è più tesserato con la Polha Varese ma con l’Active Bike La Leonessa di Brescia. Nonostante gli impegni e le difficoltà dei primi tempi, è felice di questo stile di vita: non solo ha costruito una “famiglia” più grande, fatta di atleti con disabilità, dei loro familiari e compagni di squadra. «Con la nuova società c’è una bella abitudine: ognuno porta qualcosa alle gare e si condivide tutto insieme».

L’anno scorso, nell’ambito della celebre Tre Valli Varesine, è stata organizzata una tappa speciale dedicata all’handbike, su un circuito nel cuore di Busto: la Coppa Italia Handbike, resa possibile proprio grazie all’impegno di Susanna Arnoldi e al sostegno del Comune, dell’allora assessore Maurizio Artusa, di Chiara Colombo e della storica società Alfredo Binda. Una manifestazione che ha visto la partecipazione di un centinaio di atleti e che per Vito Lascaro, bustocco doc, ha avuto un valore speciale: «Quando corri in casa, il tifo è diverso, più sentito, e la spinta in gara si fa ancora più forte. Mi ha fatto piacere e arrivare secondo è stato un risultato importante».

Oggi Vito è pluricampione regionale, titolo che ha conquistato anche nel 2025. È un simbolo per chi vede nello sport una forma di rinascita. Non si considera un eroe, ma un atleta a tutto tondo, con obiettivi ben definiti: «Una vita senza traguardi è una vita vuota. Ogni anno mi pongo un obiettivo e, una volta raggiunto, alzo l’asticella».

Guarda anche a Milano Cortina 2026 con curiosità e rispetto: «Seguirò le Paralimpiadi con grande interesse. Amo tutti gli sport di fatica, come lo sci di fondo, ma io resto fedele alla bici. Non potrei darle meno del 100%». «Sono totalmente concentrato sul ciclismo: non è che gli altri sport non mi interessino, ma non avrei il tempo né le energie da dedicarci. Nell’handbike metto tutto me stesso. Seguirò le Paralimpiadi perché conosco alcuni atleti, come Giuseppe Romele nello sci di fondo. Quello sì, mi affascina: è uno sport di fatica, proprio come il ciclismo. Ma praticarlo? No, non potrei. Non avrei il tempo né le energie giuste da dedicarci: la mia mentalità è questa».

E mentre racconta, sorride di nuovo. Perché per lui la bici non è solo sport: è identità, libertà, respiro. «Mi piace troppo, è ancora troppo bello per me - dice -. Sono convinto che sarò il primo atleta paralimpico a gareggiare fino a 70 anni. Ho ancora 15 anni davanti». E guardandolo sistemare la catena della sua handbike nel garage di casa, a Cairate, si capisce che non è una battuta. È una promessa.

Alessio Murace

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