Sport - 12 ottobre 2025, 08:00

L'INTERVISTA. Riccardo Maino: lo sci, il sogno dei cinque cerchi e l’orgoglio dei calli

L'atleta con Sindrome di Down detiene il titolo europeo e quello mondiale della ginnastica artistica. Nella sua routine, fatta di lavoro, allenamenti, famiglia, irromperanno le competizioni di Milano-Cortina. Ravviveranno una passione che coltiva fin da bambino: «Ho imparato a sciare prima di andare in palestra, quando avevo quattro anni. Tiferò Italia, Goggia e Brignone innanzitutto». Ma il desiderio più grande è partecipare: «Vorrei essere in gara, in una qualunque disciplina». VIDEO

L'INTERVISTA. Riccardo Maino: lo sci, il sogno dei cinque cerchi e l’orgoglio dei calli

A Riccardo Maino essere classificato in base alla Sindrome di Down proprio non piace. «A volte mi basta sentire l’inizio della parola, sind… e subito provo fastidio». Si considera un lavoratore (presta servizio come magazziniere in una farmacia e collabora all'impresa del padre) e un atleta. Di sport ne ha provati o praticati parecchi: basket, calcio, equitazione, nuoto. Nella ginnastica artistica ha raggiunto traguardi straordinari,  con tanto di vittorie ai campionati mondiali ed europei (vedi QUI). È un tesserato della Pro Patria Bustese («Mi seguono Rossana Foresti e Paolo Pozzi, in nazionale Tullio Bani»). Ma prima della folgorazione per la ginnastica, scattata davanti alla tv e alle gesta di Jury Chechi, c’era un’altra passione: «Ho iniziato ad andare in palestra a sette anni, a sciare a quattro. Ho imparato in famiglia, con le mie sorelle».

Nel tempo, i risultati sportivi lo hanno portato a incontri memorabili. Con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (vedi QUI), con il “suo” capitano, Javier Zanetti (QUI), con il Pallone d'Oro Roberto Baggio (per girare uno spot, QUI), con il mito di gioventù, Jury Chechi. Soprattutto, allenamento dopo allenamento, gara dopo gara, ha messo insieme una collezione di medaglie prestigiosa, mantenendo gli anelli, ovviamente, come specialità preferita.

Però continui a sciare, giusto?

Sì, ho iniziato al Mottarone, con i miei andavo lì. Non sono legato a un posto in particolare, scio ovunque, se c’è l’occasione. Chiesa di Valmalenco, per esempio. Mi piace fare sport nella natura. E mi piace la velocità. Ho anche tentato qualche gara. Sono un po’ dormiglione. Ma se c’è da fare qualcosa, magari andare sulla neve, mi faccio trovare pronto. In famiglia ne sanno qualcosa.

Arrivano le Olimpiadi di Milano-Cortina, le seguirai?

Certo, lo sport mi piace tutto. Mi piace farlo e mi piace vederlo. Penso di seguire le gare in tv ma potrei anche andare a vederne qualcuna dal vivo, non ho ancora deciso. Di sicuro tiferò Italia. Soprattutto Sofia Goggia e Federica Brignone.

Due campionesse che sono anche belle ragazze. È un caso?

Ehm… (ride)

Gli atleti e le atlete che vestiranno l’azzurro, prima ancora di scendere in pista vivranno un passaggio speciale, quello in cui riceveranno la divisa della nazionale. Tu ci sei passato tante volte…

Che figata. È sempre un grande momento. Quello in cui inizio a immaginarmi sull’aereo per andare a gareggiare. Anche se l’emozione più grande ovviamente è quando si entra nel vivo. Poi se vinco... Ai Mondiali, quando ho sentito il mio nome all’altoparlante e hanno detto che ero il campione, sono rimasto muto. Ho parlato e urlato ma ci sono riuscito dopo. E sul podio ho cantato l’inno.

Si è scritto spesso dei tuoi successi. Ma non è che la ginnastica sia sempre rose e fiori. Hai avuto difficoltà?

Sì, soprattutto quando ho cominciato. Imparare uno sport è come mettersi su una scala. Devi salire, devi fare fatica. Ma un passo alla volta capisci come fare. Non succede così solo nello sport. E poi…

Poi?

Ci sono gli imprevisti. Esempio: ai Mondiali in Sud Africa, prima di quelli in Turchia, mi sono guardato le mani tra la quinta e la sesta prova. Avevo calli che si stavano "aprendo" (vedi QUI). Ho pensato: adesso cosa faccio? Sono finito in infermeria, mi hanno medicato. Ho stretto i denti. E ho portato a casa medaglie (era il 2023 e arrivarono due ori e tre argenti, sfuggì l’all around, conquistato in seguito, Ndr). Sono orgoglioso di quei calli e del risultato che ho ottenuto, nonostante quel problema.

Con i compagni della nazionale che clima si crea?

Molto buono. Ma la voglia di competere c’è. Ognuno vuole vincere, superare gli altri. È normale, così miglioriamo.

Alzate il livello fino a essere atleti “da Olimpiadi”. Però le persone con Sindrome di Down non gareggiano…

Lo ripeto: non è giusto (Riccardo si era già espresso in occasione delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi, vedi QUI). La categoria 20, per disabili intellettivi e relazionali, è ammessa. Noi no. Ma ce lo meritiamo. Io farei di tutto per gareggiare. Alle Paralimpiadi, alle Olimpiadi, nella ginnastica o in qualsiasi disciplina. Per me è un sogno. Nello sport vincere è importante ma anche partecipare è un successo.

Che cosa diresti a qualcuno che sta pensando di praticare la ginnastica, magari a qualche genitore che la farebbe provare a un figlio o una figlia?

Tentare va sempre bene. Lo sport serve. Per me è stato anche una terapia.

Quando torni in gara?

Tra poco vado in Messico per i Campionati Panamericani (l’Italia partecipa come invitata, Ndr).

E sugli sci?

Non lo so. Ma una cosa è sicura: starmi dietro è difficile.

Stefano Tosi

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