Un progetto pilota che, forte di un successo tangibile e di una richiesta crescente, non solo viene confermato ma raddoppia. "Creativa-Mente Parlando", il percorso di sostegno e empowerment dedicato alle donne vittime di violenza, riparte con nuove energie, un numero maggiore di posti e una location che, da sola, è già parte della cura. Presentato ieri in conferenza stampa, il progetto promosso dall’Amministrazione comunale in collaborazione con il Centro Antiviolenza E.VA Odv mira a offrire uno spazio protetto e stimolante dove le donne possano «potenziare le proprie risorse sociali» e «riprendere in mano la propria vita», come si legge nel comunicato ufficiale.
A introdurre la seconda edizione del progetto è l'assessore ai Servizi Sociali del Comune di Busto Arsizio, Paola Reguzzoni, che ne ha ripercorso le origini e la filosofia. «L'anno scorso ci eravamo trovati per un progetto pilota, rivolto alle donne vittime di violenza inserite in case rifugio, per favorire la risocializzazione, la cura, il benessere e il bello», ha esordito l'assessore. Un'esigenza nata dalla consapevolezza che queste donne, per anni, «hanno avuto altri problemi rispetto alla cura del sé».
Il successo è stato immediato e ha superato le aspettative, portando a una naturale evoluzione. «Siamo partiti con una decina di donne», ha continuato Reguzzoni, «ma come tutte le cose che partono, quando sono buone idee, diventano un fiume in piena. Sono arrivate tante richieste di altre donne per poter partecipare. Quindi quest'anno, parlando con Cinzia (ndr Di Pilla, coordinatrice del progetto), l'amministrazione comunale aumenta l'investimento: si ampliano i posti a disposizione per le donne e cambia la location».
Dal respiro dello yoga al potere della parola
Il cuore del progetto è un percorso integrato che unisce il benessere fisico a quello psicologico. Come spiegato dalla coordinatrice, la dottoressa Cinzia Di Pilla, l’idea è nata da un episodio emblematico. «Il progetto è nato dall'esperienza vissuta da una delle nostre ragazze, molto giovane, che stava per diventare mamma», ha raccontato con emozione. «Durante un incontro di yoga, dove aveva tutta una situazione muscolo-tensiva, ha sentito per la prima volta il bambino muoversi in grembo al settimo mese di gravidanza. Questo mi ha fatto leggere quell'occasione di pratica yoga con una visione anche terapeutica».
Da qui la struttura del percorso: una prima fase dedicata al corpo, seguita da un momento di condivisione verbale. «Abbiamo pensato di affiancarlo a un momento meramente terapeutico, cioè un gruppo di mutualità tra le ragazze. Quando il corpo si è rilassato e la mente ha trovato uno spazio più adeguato, dopo lo yoga entreremo noi professioniste a gestire un gruppo di parola, in cui le ragazze sono molto più predisposte».
L'obiettivo è quello di fornire strumenti concreti per affrontare il trauma. Tra le finalità del progetto ci sono l'aumento dell'autoefficacia, la diminuzione del senso di solitudine, il recupero di un rapporto sereno con il proprio corpo e il superamento dello stress tramite tecniche di respirazione. Un percorso che culmina, come ha sottolineato la coordinatrice Di Pilla, in una nuova consapevolezza. «L'anno scorso abbiamo lavorato solo con donne provenienti dalle case rifugio. È diventata una famiglia: si festeggiavano i compleanni, si scambiavano i vestiti dei bambini, è stata una cosa bellissima». La risposta è stata straordinaria: «Non hanno mai perso un giorno del corso. Mai. Una ragazza ha partorito ed è tornata dopo 15 giorni: piangevamo tutti».
Una rete di solidarietà e una nuova casa
Uno degli aspetti più significativi del progetto è la vasta rete di collaborazione che lo sostiene. «C'è un bisogno, si agisce sul bisogno», ha chiosato l'assessore Reguzzoni. L'Istituto Clinico San Carlo, come spiegato dalla sua amministratrice delegata Sara Tosi, è da sempre un partner attivo. «Siamo coinvolti perché abbiamo un progetto più ampio con E.VA di accoglienza per le persone che hanno bisogno di diagnosi e cura. In questo progetto mettiamo a disposizione delle risorse per la riscoperta del sé, una riapertura verso il proprio corpo, laddove venga richiesto, senza forzare». Partecipazione che si fonda sul valore del network territoriale: «Ci piace fare rete e dare questa idea di sicurezza che è fondamentale per noi donne, ma per tutto il territorio».
La sicurezza, appunto, è un tema centrale. Quest'anno sarà garantita dalla presenza dei volontari dell'associazione Lampi Blu, che vigileranno durante gli incontri. «Per noi è un motivo di orgoglio, chi vince è la squadra, mai singolarmente. Saremo sempre presenti per dare a chi frequenterà la piena serenità, perché si deve rilassare in tutto e per tutto».
Fondamentale anche il supporto del Moto Club SS 33 Sempione e della Fondazione Heal per il trasporto delle partecipanti, e la novità più importante di quest'anno: la nuova sede. Gli incontri si terranno infatti nella fattoria didattica Erba Fina.

«Di fronte alla violenza non c'è confine»
L'assessore Reguzzoni ha voluto sottolineare un aspetto cruciale del progetto e, più in generale, della lotta alla violenza di genere a Busto Arsizio. «Le donne che partecipano non sono tutte di Busto, anzi. La nostra città ha solo una piccola rappresentanza. Ma di fronte alla violenza non c'è confine, e neanche di fronte alla cura e alla generosità ci deve essere». Un messaggio chiaro contro ogni campanilismo, che riconosce la necessità di agire su un territorio vasto, accogliendo donne da tutta la regione e oltre.
La riflessione dell'assessore si è poi spinta a toccare il cuore del problema sistemico. «Questo progetto è essenziale fin quando la situazione non verrà invertita. Cioè, fin quando in una forma di reclusione non ci finiranno le donne vittime, ma gli autori delle violenze. Noi stiamo cercando di alleggerire una posizione gravissima, peggiorata da un sistema che non riesce a scardinarsi. Se riusciamo ad abbellire un minuto, un'ora, la giornata di queste donne e le facciamo sentire meno vittime, per l'ennesima volta, di un sistema, per me è già un risultato che va oltre ogni aspettativa».
Un pensiero condiviso da Cinzia Di Pilla, che ha evidenziato il peso del senso di colpa che spesso grava sulle donne. «La mamma, alle volte, ci riporta un grande senso di colpa, che è difficile da eliminare. "Avrò fatto bene a ribellarmi?" si chiedono».
Con dodici donne già coinvolte e una lunga lista d'attesa, composta da almeno altre otto elementi, "Creativa - Mente Parlando" si conferma non solo un progetto, ma una necessità. Un sogno, come lo ha definito la sua coordinatrice, che continua a crescere grazie alla generosità di una città intera. «È il progetto più bello, perché ho visto il cambiamento di queste donne nei mesi».






