«Lì c’è una cappella. Consiglio a chiunque passi a piedi o in bici di raccomandarsi alla Madonna». Era luglio e a un incontro pubblico organizzato da Legambiente per parlare di traffico a Busto (vedi QUI) un residente di via Quintino Sella rappresentava in questo modo il rischio percepito dalle utenze deboli della strada all’intersezione tra viale Repubblica e, appunto, via Sella. Quella, delle due, più vicina al centro città. Motivo della preoccupazione: la velocità con cui auto ma anche mezzi più o meno pesanti diretti verso nord deviano a destra. “Deviano”, non “curvano” perché l’angolo è minimo e in tanti evitano di frenare o anche solo di interrompere un’accelerata. Con grave rischio per chi attraversa da quelle parti, specie se il guidatore, magari un habitué della zona, sicuro di conoscere bene il tratto, si permette anche solo un secondo di distrazione. La soluzione? «Si chiama curb extension. Estensione del marciapiedi» torna a sostenere l’architetto Marco Fardelli.
Socio Fiab e promotore esperto di viabilità sostenibile, Fardelli ripete da tempo un dato di fatto, facilmente verificabile: sulle strade, anche urbane, si corre troppo e sempre di più. Questo comportamento è nemico pubblico numero uno della sicurezza e per contenerlo occorre togliere un po’ di spavalderia a quanti si mettono al volante, convinti di avere capacità o strumenti di guida tali da rendere il codice della strada superfluo, almeno per loro. L’estensione dei marciapiedi, riducendo l’ampiezza di strade altrimenti usate come piste, lavorerebbe proprio in questa direzione. E la diramazione via Sella / viale Repubblica offre un esempio ideale, tanto che nei giorni scorsi Fardelli ha pubblicato sui social un’immagine che spiega il concetto meglio di tante parole. Ovviamente, nella simulazione (foto di apertura) la curb extension è l’area in verde, oggi percorribile a tutta velocità.
«Si tratta – entra nel merito l'architetto – di restringere la corsia di marcia dei veicoli, riconducendola ai limiti stabiliti dal Codice della strada. Questo sistema, largamente utilizzato soprattutto nel Nord Europa, modifica l’angolo che i veicoli devono affrontare, costringe a frenare e diminuisce nettamente il rischio che qualcuno venga travolto. Obbligare a frenare è indispensabile: a 40 chilometri orari, in un secondo si percorrono 11 metri. Quindi basta un secondo di distrazione per fare la differenza tra un pedone che attraversa e un pedone che finisce all’ospedale». Senza contare che, nel punto in oggetto, c’è chi transita a velocità ben superiori a 40 chilometri orari.
Fardelli aggiunge: «Per tutti quelli attenti al bilancio: marciapiede largo significa strada più stretta, dunque una superficie inferiore usurata dal traffico, con conseguenti risparmi. Se, poi, l’estensione del marciapiede fosse a prato, magari con un paio di piante compatibili con quel punto, si eviterebbe il parcheggio creativo, ricordo che le auto in divieto di sosta vicino agli incroci sono un pericolo, e avremmo una superficie che assorbe la pioggia invece che convogliarla nella fognatura, congestionata».
Sull’attraversamento: «Rendere più strette le corsie per le auto non solo produce un “effetto frenante” sul comportamento di guida, riduce anche la distanza che i pedoni devono percorrere quando attraversano. Mamme con passeggini, per esempio, anziani, persone in sedia a rotelle o comunque con difficoltà di deambulazione. Le strisce pedonali, come noto, da sole non bastano, solo i guidatori “educati” ci fanno regolarmente caso e le rispettano».
Quanto ai restringimenti: «Funzionerebbero in moltissimi punti della rete stradale, non solo in via Sella. Soprattutto se venissero realizzati con cordoli. In linea di principio si potrebbe procedere anche solo con strisce sull’asfalto ma varrebbe lo stesso discorso fatto per le zebre. Una riprova? Osservate la segnaletica a terra dove i restringimenti già ci sono. Vedrete che è nettamente più consumata rispetto a quella che si trova prima o dopo. È usurata. Dal passaggio continuo dei guidatori che se ne infischiano».