Ci sono stati uno sguardo e un sussulto. Poi qualche parola. Alla fine il contatto fortuito è diventato incontro, la tensione si è sciolta. Vincenzo Zingarelli ha conosciuto Marta, il nome è ovviamente di fantasia, la quattordicenne che subì violenza sessuale in un’area incolta di via Vercelli, a due passi dalla stazione delle Nord a Busto Arsizio. E da casa sua, di Vincenzo.
Era metà aprile, i fari dei media, non solo locali, si accesero su una zona di Busto poco considerata, lambita dai binari e da strade trafficate, ma fatta anche di spiazzi lasciati a se stessi e viuzze male illuminate (vedi QUI). Vincenzo, testimone di una parte dell’accaduto, finì suo malgrado davanti a parecchie telecamere. A spiegare, a raccontare quello che aveva visto: agenti della Polizia Locale (di recente premiati dal Comune) impegnati a contenere un individuo aggressivo e, a qualche metro, una ragazzina tremante, appoggiata a un muro di mattoni. «Allora mi sembrò più minuta di come è in realtà. Marta è una bella ragazza. E mi pare una bella persona. L’incontro non è stato cercato, è avvenuto e basta».
Alla circostanza ha contribuito proprio la fugace notorietà di Vincenzo. Lo ha riconosciuto la mamma di Marta, il primo incrocio di occhiate e presentazioni è avvenuto fra adulti. «Ho letto tante cose, ai tempi dell’aggressione. In molti si chiedevano dove fosse la madre della ragazza. La mia impressione è che la mamma di Marta sia una persona normale, a posto. Né lei né la figlia si meritavano quello che è capitato loro addosso».
Rotto il ghiaccio, Vincenzo ha parlato anche con Marta: «C’è stato un abbraccio, siamo riusciti perfino a farci una risata. Nessuno è tornato sulla storiaccia che ci ha fatto incontrare. Se devo essere sincero, l’idea di rievocarla mi faceva paura, per l’effetto che poteva provocare su Marta. Spero con tutto il cuore che stia uscendo da quella esperienza».
Oggi lo scenario del misfatto è cambiato di poco (vedi fra l’altro QUI). Fa più caldo. L’erba è più secca e più alta. Il cancello oltre il quale si consumò la violenza, ad aprile sbilenco e pressoché aperto, è stato sistemato, ora è saldamente attaccato al muro. Ma la preoccupazione di Vincenzo per le frequentazioni dell’area non è sopita. «Presto lì si vedranno altre persone» profetizzò ai tempi. «Il pronostico – conferma oggi – si è avverato, anche se qualche passaggio della Polizia Locale si nota. La vegetazione all’interno è ancora più folta di allora, un nascondiglio ideale. Qualche tempo fa, era buio, un tizio, uno straniero, ha scavalcato all’improvviso, mi si è parato davanti, sulla strada. Era ubriaco. Mi ha chiesto una sigaretta ed è diventato subito insistente. Gli ho lasciato il pacchetto intero, non volevo avere rogne, e mi sono allontanato in fretta. Ma la situazione, è evidente, non è risolta».