Ha il sapore acido della beffa la retrocessione della Pro Patria in serie D. È arrivata come una secchiata d'acqua gelata sul ritrovato entusiasmo della sua gente. I quasi cinquecento del Piola hanno fatto il paio con i quasi duemila di sette giorni prima allo Speroni e sono lì a testimoniarlo. E ci ha pure messo il ghigno con il gol piemontese di Romairone, figlio di un ex tigrotto che qualche pallone, con la maglia biancoblù, lo ha messo nella rete avversaria.
Pleonastico sottolineare la delusione e l'amarezza ancora più intense dopo la vittoria di Busto che aveva allargato il cuore facendo intravvedere una speranza all'orizzonte. Purtroppo la retrocessione è stata la crocifissione al termine di un calvario durato tutta la stagione.
In questi momenti sarebbe facile lanciarsi in processi, avventurarsi in analisi che non sarebbero per nulla produttive. Come sempre il campo non mente e se ha certificato che la Pro deve ricominciare dai dilettanti, vuol dire che sono stati commessi degli errori.
Indicare con l'indice la presidente Patrizia Testa? Non scherziamo. Ha garantito una decennale stabilità ai colori biancoblù che non si vedevano da tempo profondendo energie fisiche e finanziare. Se lo dovrebbero ricordare certi tifosi che hanno qualche decennio sulla carta d'identità, sempre pronti alla critica, che gestire una squadra di Lega Pro è come un vuoto a perdere.
Puntare il dito contro Sandro Turotti che ha avuto la forza di prendersi le sue responsabilità per una squadra dalla modesta caratura tecnica? Che colpe può avere il direttore sportivo se vengono sbagliati quattro rigori che avrebbero portato punti e salvezza senza gli spareggi. Forse si potrebbe ragionare sulla gestione degli allenatori con l'ingaggio di un mister d'esperienza dopo l'esonero di Riccardo Colombo evitando rattoppate soluzioni interne. Insomma si andrebbe per le lunghe e si finirebbe per infilarsi in un ginepraio dal quale non uscirebbe mai.
Occorre incanalare le energie nella positività. Chiarezza sui nuovi contorni societari, ovvero se l'uscita della Testa sarà graduale, come lei stessa ha dichiarato, oppure verrà accelerata alla luce della retrocessione con il comando sulla tolda da parte della Finnart.
È il momento delle idee e queste non sono un'entità a sé stante, ma parte delle persone. La settimana appena trascorsa ha detto che sono quelle fanno che vincere e non i budget faraonici. La conquista della Coppa Italia del Bologna è il primo esempio di come si possa fare calcio con la competenza; la retrocessione del Milan Futuro in serie D è l'esempio contrario (pare che il budget dei rossoneri sia stato di dodici milioni, sufficienti per una discreta serie B, eppure sono retrocessi).
Servono programmi certi ed ambiziosi per non disperdere quel patrimonio di passione biancoblù che i playout hanno messo in vetrina. Inutile ipotizzare eventuali ripescaggi che, al momento, paiono miraggi. Se poi dovessero concretizzarsi, ben vengano. Meglio però focalizzarsi sulla nuova realtà e guardare avanti.
Ovvio che ci sia sconforto tra la tifoseria, ma una Pro Patria capace di giocare un campionato ad alto livello potrebbe di nuovo attizzare la brace relegando ad una brutta parentesi sabato 17 maggio 2025.