C'è una Resistenza Silenziosa spesso sfuggita alle commemorazioni del 25 aprile oppure solo accennata, quasi per cortesia e non per verità storica, che invece ha avuto un ruolo primario per la liberazione della città di Busto Arsizio, medaglia di bronzo. E' quella promossa ed organizzata dai sacerdoti che hanno fatto il loro apostolato nella parrocchie cittadine ed anche sacerdoti, nativi di Busto, che hanno svolto il loro ministero in altre parti. Una Resistenza Silenziosa, ma con la mano ferma e le idee ben chiare: riconquistare la libertà per ridare dignità alla persona, catalizzatrice di centinaia di giovani ansiosi di vedere un mondo a colori.
Antonella Rabolini e Maria Teresa Castiglioni hanno voluto raccontare il coraggio, i rischi e le imprese di questi preti. Il volume "Sacerdoti bustesi nella Resistenza" (copertina completa nel file in fondo) è stato pubblicato nel 2010. Anch'esso sembra però essere finito in fondo alla libreria, ma a ottant'anni dalla Liberazione occorre riaprirlo per conoscere i protagonisti che hanno costruito la storia di casa nostra. Ecco alcuni accenni.
Monsignor Giovanni Galimberti (1886-1966). Colui al quale fanno riferimento i sacerdoti delle parrocchie cittadine dopo l'8 settembre del '43. Figura di forte personalità ed abile nella diplomazia, venne definito dal Federale fascista di Busto “mezzo satana e mezzo prete, cioè in tutto degno dell'inferno, è il più irriducibile”
Nella sua canonica ospita l'amico socialista Antonio Greppi, primo sindaco di Milano dopo il 25 aprile.
Don Mario Belloli (1897-1960) L'oratorio San Filippo devastato dai fascisti nell'agosto del '31, dopo la'amistizio diviene il luogo per riunioni clandestine di renitenti alle leva, ricercati politici, partigiani ai quali viene affidato il compito di sabotaggi. La sua casa si trasforma nell'Ufficio Falsi e viene raccolta la stampa clandestina.
Don Antonio Belloli (1893-1968) Collabora col fratello ed a lui fanno riferimento i corrieri partigiani per ritirare ordini o certificazioni false.
Don Ambrogio Gianotti (1901-1969) Figura di spicco della lotta partigiana, organizza i trasferimenti dei fuggitivi verso la Svizzera. E' lui stesso, con la bicicletta, che li porta a Cantello e da lì li aiuta ad attraversare il confine.
Il giorno 25 aprile 1945 alle ore 8 parte dal suo studio l'ordine d'insurrezione ed alla sera, alle 22, la Radio di Busto Libera annuncia il ritorno alla libertà. Trasmesso in onde corte venne raccolto a San Francisco dove era in corso la conferenza della nazioni vincenti.
Don Giuseppe Ravazzani (1912-2000) Altra colonna portante della Resistenza bustocca. Nella sua casa viene installata la prima radio rice-trasmittente del Servizio Informazioni Militari Nord Italia. Grazie ad una fitta rete di copertura la radio rimane nella casa di don Giuseppe fino al marzo del '45.
Nelle giornate della Liberazione è in prima fila per evitare rappresaglie ed il 25 aprile si presenta con un fazzoletto bianco per trattare la resa della Brigata Nera asserragliata presso le scuole De Amicis.
Don Angelo Volontè (1899-1975) Altro pilastro del movimento partigiano cittadino. L'oratorio di Sacconago diventa un punto di riferimento fin dalle prime fasi della lotta. Sono nascosti molti partigiani e si accumulano scorte alimentari che vengono poi trasferite nei sotterranei della Chiesa nuova.
Abile nei rapporti coi tedeschi, instaura un buon contatto con il Maggiore Sigmund, di stanza a Sacconago, che poi aiuterà a lasciare l'Italia a ostilità terminate.
Don Giuseppe Albeni (1913-1961) Nella sua casa ospita ricercati politici e razziali tra i quali il partigiano comunista Andrea Macchi libetrato con un blitz mentre era ricoverato presso la clinica Santa Maria dove si trovava pinatonato.
Don Enrico Castiglioni (1915-2001) Bustocco, svolge il suo ministero a Bovisio Masciago ospitando Don Ambrogio Gianotti quando era ricercato permettendogli di mantenere i contatti con i partigiani di Busto.
Don Ernesto Castiglioni (1914-1994) Nato a Busto ed operante a Treviglio. Saputo che i treni dei deportati fanno sosta alla stazione va coi suoi ragazzi a fornire generi di prima necessità e acquisire dati anagrafici dei prigionieri.
Don Gilberto Pozzi (1878-1963) Svolge il suo ministero a Clivio e durante l'occupazione è incessante la sua attività di accompagnamento dei fuggitivi in Svizzera tanto da essere stato chiamato dalla popolazione “Lo Schindler di Busto”. Una pergamena delle comunità israelitiche italiane cita “Gli ebrei d'Italia sono riconoscenti a don Gilberto Pozzi”.
Don Ubaldo Valentini (1908-1994) Corriere della Brigata Berra, dal seminario di Venegono Inferiore dove insegna, va a Busto in bicicletta per consegnare informazioni dei movimenti dei nazifascisti presso il campo di avazione appunto di Venegono.
A questi sacerdoti, vanno aggiunti Don Virgino Zeroli, don Carlo Pozzi, don Federico Mercalli, don Agostino Gussoni, don Andrea Gallazzi e don Italo Macchi, Ognuno nel suo piccolo e nelle sue possibilità, ma sempre accompagnato dal coraggio, ha consentito di costruire la speranza di un mondo migliore.