Attualità - 20 dicembre 2021, 10:21

Haiti, quei bambini che tornano a "casa": lamiere, degrado e rassegnazione

Le immagini disperate di Waf Jeremie, la gente divisa tra la baraccopoli e un centro dove si è ammassata in fuga dalla violenza. A pochi giorni dal Natale suor Marcella sta cercando le case dove mettere al sicuro i primi bimbi. Ieri a Busto, nella parrocchia di Sant'Edoardo, si è pregato per questo dramma, mentre prosegue la raccolta di aiuti per l'Avvento

Le baracche nel servizio di LP Production e il centro dove trova rifugio la popolazione

Le baracche nel servizio di LP Production e il centro dove trova rifugio la popolazione

«I nostri bambini che tornano a casa… tornano in case così». La voce di suor Marcella Catozza è triste come le immagini proiettate dal canale haitiano LP Production.

Vivere, così

Lamiere appoggiate, degrado dilagante, rassegnazione, luoghi dove “abitare” è una parola che precipita nel controsenso. Osservare procura ancora più dolore, a pochi giorni dal Natale. 

Né è l’unica immagine sconvolgente che arriva da Waf Jeremie, dove la miseria è affiancata dalla violenza e molti  hanno trovato un rifugio desolante e silenzioso. «Questa gente è scappata nei mesi scorsi dalla violenza delle baraccopoli: donne, bambini, vecchi, ammalati, donne incinta – spiega la missionaria bustocca - Vivono ammassati e senza assistenza in un centro sportivo costruito dopo il terremoto del 2010 e inutilizzato perché fuori dalla città... ma di loro nessuno parla».

Domenica sera nella chiesa di Sant’Edoardo a Busto Arsizio il parroco, don Antonio Corvi, ha invitato a pregare per drammi come quello di Haiti. Nella stessa parrocchia la raccolta dell’Avvento servirà a sostenere la comunità di suor Marcella. Quello che era un tetto sicuro e accogliente, ora è nel mirino.

La scelta dolorosa

I banditi si sono già presentati qui alla Kay e prosegue la ricerca per affittare abitazioni per spostare i bambini.«Abbiamo visto diverse case – osserva suor Marcella – ma conciate all’haitiana! Oggi ce n'era una dove almeno 30 bambini ci starebbero. Domani ne abbiamo altre tre da vedere, speriamo. Gli affitti… tipo 5/6mila dollari al mese».

Una spesa pesante, per una decisione presa con il cuore anche più pesante: «Vogliamo portare via prima il gruppetto più autonomo. È difficile scegliere a chi dare una possibilità diversa, ma se non iniziamo, saremo sempre schiavi della situazione di Waf».

Intanto di Haiti si è parlato in queste ore. Perché la zuppa, la soupe joumou, è stata riconosciuta come patrimonio immateriale dell'Unesco. Chissà se lo sanno le persone accatastate nelle baracche e in quel centro-rifugio. Chissà quando qualcuno ascolterà il grido di dolore e si preoccuperà di offrire un futuro a quei bambini, che erano anche stati in Italia e nell’Italia avevano sperato.  

Marilena Lualdi

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