Parlare della cucina di Busto Arsizio significa parlare di una cucina povera, legata a quella cultura popolare e a quelle tradizioni che il Magistero dei Bruscitti si impegna da più di trent'anni a difendere, a mantenere vive e a far conoscere anche al di fuori del confine di Busto.
La terra nei dintorni di Busto era ed è molto arida. La brughiera, un territorio caratterizzato da terreni acidi, povero di sostanze nutritive, incolto, ricoperto da vegetazione arbustive, rugo, erica, ginestra, era un tempo ricoperta da boschi che l'uomo ha distrutto e da campi che ora sono capannoni e fabbriche.
Esistono, nella cucina bustocca, piatti legati alle feste, alle tradizioni, alle stagioni, con ricette quasi sempre dettate dall’utilizzo dei poveri condimenti che un territorio poco generoso riesce ad offrire. Il terreno è arido, ghiaioso, acido, poco adatto a coltivazioni, ma un tempo ricco di vigneti dai quali si ricavava abbondante vino, citato tra l’altro dal Foscolo e dal Porta, vigneti scomparsi a metà dell’800 per l’arrivo della filossera e delle industrie che allontanarono i contadini dalle fatiche della terra.
Proprio il vino è uno dei condimenti più usati nella preparazione di piatti tramandati da padre in figlio e tuttora presenti sulle nostre tavole. La loro rusticità non impedisce che siano succulenti e ricchi di sapori e profumi. Il piatto dei bruscitti è nato dalla esigenza della donna che lavorava nei campi o in fabbrica, di cucinare qualcosa che sulla brace del camino cuocesse molto lentamente, senza tante attenzioni. Tutti gli ingredienti a freddo nella pentola di coccio e poi, a fine cottura, al ritorno a casa, un bicchiere di vino ed una fiammata. Da piatto povero è diventato piatto della tradizione, ed è il capofamiglia che deve scegliere e tagliare la carne a filo di coltello perché non perda il sugo, e che deve scegliere il vino adatto alla circostanza.