«Permettetemi un po’ di campanilismo» ha detto monsignor Claudio Livetti. E i fedeli hanno sorriso con lui. Al 94enne don Claudio, oltre 20 anni trascorsi alla guida della comunità cristiana di Busto, ha passato la parola il suo successore, monsignor Severino Pagani, al termine della messa solenne con cui si è concluso, in città, il Giubileo. «Scusatemi se sarò un po’ lungo» ha messo le mani avanti Livetti, che in realtà “lungo” non è stato. Il sacerdote ha ripercorso i giubilei della sua vita. «Li ricordo tutti» ha assicurato prima di elencare: 1930, con papa Pio XI («…in braccio alla mia mamma»), 1950 («…ero seminarista»), 1975 («…a Roma, da rettore del Seminario»). Prima di quello del 2016 (incentrato da Papa Francesco sulla Misericordia, «…architrave della fede») e dell’ultimo, prossimo alla conclusione, monsignor Livetti si è soffermato sul Giubileo del 2000, indetto da papa Giovanni Paolo II.
«Allora il cardinale Carlo Maria Martini aveva voluto che la basilica di San Giovanni fosse chiesa giubilare». Eccolo, il campanilismo, bonario, forse un po’ venato di nostalgia, al quale i presenti hanno risposto con un applauso (la chiesa giubilare più vicina, durante il Giubileo che volge al termine, è stata Santa Maria Assunta, a Gallarate). «Posi la mia unica lapide, nella parete nord della basilica - ha ricordato Livetti – fu un anno molto bello e intenso, impegnato». Sul periodo appena trascorso: «Il Giubileo è un po’ come il tempo del Natale, quando si mangia di più e meglio. Poi si torna alla vita quotidiana, alla solita minestra, alla solita pastasciutta». Che cosa deve continuare? «La capacità di sentire che siamo amati dal Signore. Pace agli uomini amati dal Signore».
Sul prossimo Giubileo: «È nelle mani di Dio. Faccio i miei auguri a quelli che ci saranno. Io penso che avrò qualche altro impegno».




