Salute - 20 dicembre 2025, 09:00

Impariamo ad amare...non solo a Natale

I consigli di nutrigenomica di Simona Oberto

Impariamo ad amare...non solo a Natale

E se il nutrimento più importante per il benessere delle nostre cellule fosse l’Amore? E per amore non intendo solo quel sentimento poliedrico che può essere rivolto a qualsiasi entità, capace di suscitare in noi un desiderio, un appagamento o un legame affettivo profondo, ma mi riferisco anche al concetto più ampio di Amore, quello incondizionato, disinteressato che si estende a tutti gli esseri, indipendentemente dal sesso e dalle relazioni o dalle circostanze. 

La maggior parte delle persone è abituata ad amare in modo del tutto soggettivo. Ognuno coltiva il suo amore per persone, oggetti, situazioni, contesti, animali. Senza dubbio, tra le varie forme di amore, la più controversa è quella che racconta la relazione tra un uomo e una donna: un amore passionale, legato all’attrazione e al desiderio di unione e sempre più spesso al possesso. Controversa, perché intreccia pulsioni biologiche, aspettative sociali e libertà individuale, creando un attrito costante tra istinto, ragione ed emozione. 

Un amore per certi versi vulnerabile e paradossale perché per ottenere la massima connessione, bisogna accettare il rischio del massimo dolore. Questo conflitto perenne tra il desiderio di possesso e la necessità di autonomia lo rende il fulcro narrativo ideale per esplorare le contraddizioni umane. Miti classici dipingono l'amore tra uomo e donna come una “forza divina” travolgente, spesso distruttiva. Pensate al mito dell’amore tra Psiche ed Eros che rappresenta l’equilibrio tra razionalità e passione, indicando che il vero amore richiede fiducia e consapevolezza interiore. 

Quello tra Apollo e Dafne che simboleggia l'amore come una ossessione che porta alla perdita definitiva della persona amata o quello tra Medea e Giasone che incarna il lato oscuro della passione, dove il tradimento trasforma la dedizione assoluta in una furia distruttiva e vendicativa. Drammi raccontati che esplorano l'inevitabile scontro tra il desiderio individuale egoico che cerca la gratificazione immediata e l’ordine universale che esige pazienza, fiducia e accettazione del destino. 

Ma il nostro amore può essere rivolto anche ad oggetti cari e si manifesta ad esempio con l'attaccamento emotivo a un vecchio orsacchiotto; l'affetto per un'automobile d'epoca; il valore sentimentale legato a un gioiello di famiglia; la cura meticolosa per una collezione di vinili rari o l'affezione a una chitarra usata per anni.

E che dire dell’amore per il cibo che ci lega appassionatamente a un succulento piatto di pasta alla carbonara o al dolcino a fine pasto o all’immancabile caffè del mattino? Molto profondo anche l’amore verso gli animali: una dedizione incondizionata verso il proprio cane o gatto, vissuti come membri della famiglia o l'affetto per il proprio cavallo con cui si condivide un legame sportivo o la protezione istintiva per gli animali in generale. 

Purtroppo, per molte persone l'amore rappresenta una forma di attaccamento, una sorta di dipendenza, alimentata da meccanismi di compensazione, in cui l’ego cerca all'esterno ciò che sente mancare all'interno. E così ci ritroviamo “schiavi” della “fame nervosa” in cui il cibo diventa un anestetico per non sentire il vuoto emotivo. O ci leghiamo in relazioni tossiche dove l'altro viene usato come specchio per convalidare il proprio valore o lo si mantiene per paura della solitudine. 

Per molti è desiderio di possesso con l'illusione che, accumulando oggetti, soldi, conoscenze e persone si possa raggiungere una sicurezza permanente. Tutte queste forme di amore potremmo definirle “catene dorate” che non liberano, ma intrappolano la coscienza in un ciclo infinito di bisogno e temporanea gratificazione. Forme di attaccamento che rappresentano un “amore egoico” che ci tiene legati alla dimensione materiale e al soddisfacimento immediato dei desideri. In questo modo, si crea una dipendenza dal mondo esterno, che ostacola una connessione più profonda con il nostro “io” interiore. 

Dobbiamo imparare a spostare il centro del nostro piacere dall'esterno all'interno. Questo ci renderebbe meno vulnerabili alle fluttuazioni del mondo materiale. Meno aspettative, meno delusioni, meno dolore. Significa trasformare la limitatezza di pensiero in consapevolezza che ci porta a domandarci: “Quanto questo oggetto, questa persona o quella situazione colmano un mio bisogno reale o piuttosto riempiono un vuoto emotivo?”. Siamo quasi sempre alla ricerca di ciò che non possediamo e ci dimentichiamo di provare gratitudine nei confronti di ciò che abbiamo. 

La gratitudine è molto potente e trasforma l'accumulo ossessivo in apprezzamento, rompendo il ciclo della bramosia. Dobbiamo imparare a condividere cibo, risorse e tempo spostando l'energia dal “prendere” al “dare”, liberandoci dal peso del possesso. 

Sto parlando di una forma di benevolenza universale e di accettazione profonda. Un amore, definito Agape, una sorta di energia e di forza fondamentale che connette ogni cosa nell'universo, una vibrazione che permea l'esistenza, manifestandosi in compassione, gioia e unità. 

L'Agape nel suo concetto più ampio è l'amore incondizionato, non basato sulle emozioni o sull'attrazione, ma sulla volontà attiva di cercare il bene dell'altro, indipendentemente da come l'altro si comporta o ricambia. Parlo di un amore donato, gratuito che si distingue dall'Eros o dal desiderio di possedere beni, bellezza o immortalità. Un Amore che parte dalla mancanza e cerca di colmarla. 

L'Agape non ha nulla contro l’Eros, ma lo purifica e lo eleva, dirigendo il desiderio umano verso l'amore che si dona, rendendolo pieno. L'amore autentico è visto come una sintesi tra l'amore che riceve Eros e l'amore che dona Agape. Stiamo salendo troppo di livello? Allora torniamo con i piedi per terra e domandiamoci quante persone conoscono un amore che non è dettato dal desiderio egoico, ma della scelta di agire per il bene. Come ad esempio donare tempo o risorse a chi ha bisogno, senza aspettarsi riconoscimento o beneficio. 

Perdonare qualcuno che ci ha ferito, non perché se lo merita o ci chiede scusa, ma per liberare noi stessi dalle catene del risentimento, consapevoli che tutti possiamo sbagliare. Dedicarci alla cura delle persone che amiamo con pazienza e gratitudine. Certo a parole siamo tutti bravi, ma a fatti? Amare, senza cadere nelle trappole egoiche, richiede una presa di coscienza e un impegno notevoli. Non siamo abituati a riconoscere il nostro “ego”. Riconoscerlo è il primo passo per depotenziarlo. Non rispettiamo l’autonomia e gli spazi altrui, costruendo relazioni soffocanti, basate sul bisogno anziché sulla scelta. 

Non ascoltiamo il partner, cercando di comprendere il suo punto di vista, ma ci predisponiamo al giudizio e alla sfiducia, oppure lo idealizziamo al punto da stravolgere la realtà. L'idealizzazione è un meccanismo di difesa: proiettiamo sull'altro un'immagine perfetta, per evitare di affrontare il vuoto e la solitudine. 

Questo però non è amore per la persona, ma per l'illusione che abbiamo creato. Indipendentemente che sia un partner, un collega, un amico, un familiare, è fondamentale imparare ad accettare consapevolmente i difetti o i comportamenti che non condividiamo dell'altra persona, concedendole di essere allo stesso tempo meravigliosa e irritante. Ma questo è possibile solo se impariamo a guardare gli altri nella loro interezza, anche nelle loro ombre. Il vero problema è che per molte persone l’oggetto di amore (compagno, animale, cibo, potere ecc.) è una vera e propria “medicina” per i propri vuoti esistenziali che pongono le loro radici nelle mancanze affettive. 

Molte volte, se non abbiamo ricevuto amore da piccoli, sviluppiamo “buchi” che cerchiamo di colmare con dipendenze (droghe) per anestetizzare il dolore. Abbiamo paura del rifiuto e per questo proteggiamo il nostro ego, costruendo barriere, preferendo il controllo o il piacere immediato alla fatica di costruire un legame autentico. Siamo in totale mancanza di autostima e auto-amore. 

E’ quasi impossibile amare qualcuno in modo sano, se usiamo quella persona solo per fuggire da noi stessi. L'Amore vero non riempie un vuoto, ma condivide una pienezza. Per arrivarci bisogna prima avere il coraggio di guardare dentro i propri “abissi”, senza cercare scorciatoie. Questi “vuoti” ci parlano soprattutto quando siamo soli e per questo li consideriamo “nemici” da mettere a tacere, usando droghe, come “tappi” temporanei, ma il dolore rimane intatto. Allora, quando sentiamo questo vuoto riaffiorare, fermiamoci, respiriamo, cerchiamo di dare un nome a quella sensazione di solitudine, paura, inadeguatezza. 

Trattiamoci come faremmo con un bambino ferito che ha bisogno di essere accudito. Chiediamoci perché abbiamo bisogno di quella cosa, persona, situazione. La consapevolezza rompe il ciclo della dipendenza. Non cerchiamo l'amore perfetto, ma quello onesto, quello che risiede dentro di noi; quello che ci insegna che nessuno può salvarci, tranne noi. Ogni giorno è un'occasione per smettere di “usare” e di guardare gli altri come se fossero un pezzo mancante del nostro puzzle e iniziare a vederli davvero per quello che sono: persone che non possono “salvarci”. 

Quando smetteremo di cercare qualcuno che ci salva, attireremo naturalmente chi vuole camminare al nostro fianco in modo pulito. Amare in modo pulito significa permettere a chi ci sta accanto di essere fragile, senza pretendere che sia “la soluzione” dei nostri problemi. 

Allora quest’anno, sotto l’albero mettete la promessa di guardare voi stessi e gli altri con occhi nuovi. Regalatevi la libertà di amare in modo diverso, scoprendo che l'amore pulito non è un traguardo, ma il cammino di chi smette di cercarsi negli altri e inizia finalmente a ritrovarsi. Buone feste.

Redazione

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