Busto Arsizio - 12 dicembre 2025, 10:35

La storia di Giuseppe Scazza “il re dell’antifurto” del Varesotto diventa un libro

È una vicenda incredibile quella dell’86enne imprenditore, nato in una cascina di Capolago e oggi residente a Buguggiate. Grazie alle sue intuizioni tecniche è nata la Security Valley della provincia di Varese: dopo aver progettato l’accensione automatica di stufe e fornelli a gas, ha trovato consacrazione nel settore dell’auto realizzando, con la sua azienda Elser, il primo antifurto elettronico al mondo. La sua storia scritta dal giornalista bustocco Linari

Giuseppe Scazza

Giuseppe Scazza

Quando aveva solo 11 anni, per poter continuare a studiare e portare un aiuto alla propria famiglia di modeste origini contadine, Giuseppe Scazza ogni mattina, dalle ore 6, girava in bici per Varese a consegnare i quotidiani porta a porta e, la domenica, faceva da caddie per i giocatori del Golf club Luvinate.

Nessuno, in quel momento, avrebbe immaginato che quel ragazzino così povero ma anche così ostinato sarebbe diventato uno degli imprenditori più visionari e importanti del territorio, conquistando un successo che solo il suo carattere schivo ha tenuto sinora sottotraccia, lontano dalla ribalta che avrebbe meritato.

L’incredibile storia di Giuseppe Scazza – classe 1939, nato in una cascina di Capolago – è ora diventata un libro, scritto dal giornalista bustocco Marco Linari, dal titolo “Il Re dell’antifurto”, edito da Linea Grafica per Amazon. Un volume che svela non solo un percorso personale dinamico e coraggioso, ma anche un pezzo rilevante e indimenticabile della storia industriale della provincia di Varese, anzi italiana.

Fu infatti grazie alle intuizioni di Scazza – che oggi ha 86 anni e vive a Buguggiate - che la città giardino e i suoi dintorni (in particolare la zona di Brunello, Daverio, Casciago, Bodio Lomnago, Azzate e Gazzada) divennero il centro mondiale dell’industria dell’antifurto elettronico per auto.

Tutto cominciò nel 1971, quando questo ex elettrotecnico della BTicino (che aveva fatto le prime fortune mettendosi con altri soci a realizzare automazioni per stufe a cherosene e l’innovativa accensione dei fornelli a gas) reagì al furto della propria automobile andando a progettare il primo antifurto elettronico della storia.

Era un prodotto che andava a rivoluzionare completamente il mercato e rese la sua azienda Elser un faro internazionale. Anche il cumenda Giovanni Borghi, padrone dell’Ignis, cercò di convincerlo a mettersi in società con lui, ma Scazza preferì rifiutare, avviando la propria impresa con le sue forze, assieme allo storico socio Dario Riganti, che ne sarebbe uscito qualche anno dopo. Si rivelò una mossa che gli diede ragione.

Fu sulla scia della sua azienda che, una dopo l’altra, nacquero nel territorio altre ditte specializzate in quello stesso settore. Erano spesso gli ex soci e dipendenti di Scazza a fondarle, mettendosi in proprio. Tutti i grandi marchi dell’epoca – alcuni destinati a durare nel tempo – abitavano così in un fazzoletto di territorio ridottissimo, tanto che Elser (che produceva gli antifurto Ranger nello stabilimento di Brunello) si ritrovò al centro della cosiddetta Security Valley. Si trattava di venti aziende in competizione fra loro, con circa cinquecento piccoli artigiani schierati a supporto, per un totale di oltre tremila addetti, pronti ad animare ogni giorno una distesa di capannoni impressionante.

L’epoca d’oro fu quella fra il 1986 e il 1994, ovvero gli otto anni in cui Scazza divenne socio unico di Elser, quando l’80% degli antifurto per auto del pianeta veniva prodotta nel Varesotto, con 400 miliardi di lire di fatturato annuo. In quel clima di grande fermento, la corsa a migliorarsi era animatissima. Giuseppe Scazza era considerato l’innovatore del settore, proprio per le sue capacità in campo elettronico: oltre al sistema di allarme vero e proprio, mise a punto la prima serena e, successivamente, il primo telecomando.

La sponsorizzazione del basket varesino, iniziata alla Robur et Fides in serie B e proseguita con la Pallacanestro Varese in serie A grazie al legame con Antonio Bulgheroni (ma fu anche nel direttivo del Varese Calcio, sponsor del Legnano Calcio e pure del Basket Femminile Gallarate), fece conoscere il suo marchio al grande pubblico. Nel maggio del 1990, la squadra allenata da Giancarlo Sacco arrivò alla finale scudetto contro Pesaro.

Dal punto di vista personale, invece, Scazza cercò sempre di restare sempre defilato. In virtù della conoscenza personale con Silvio Berlusconi, lo chiamavano spesso dalle televisioni, ma accettò raramente di prestare il suo volto. Lo fece per una memorabile intervista con Claudio Lippi, nella quale andò a parlare di geolocalizzazione e digitale, argomenti che a quell’epoca parevano fantascienza.

«Sono sempre stato un uomo del fare – racconta oggi l’86enne Scazza – e non mi sentivo al mio posto negli ambienti troppo raffinati. Anche all’apice del successo, il mio momento preferito era andare in ufficio alle 5 del mattino, quando nessuno mi disturbava, e potevo progettare le migliorie dei prodotti. Credo che il segreto della mia azienda sia dato dal fatto che ho curato in prima persona ogni aspetto tecnico degli antifurto».

Padre di tre figli (Flavio, Mirco e Chiara), lo stesso Scazza seppe intuire quando era arrivato il momento di fermarsi. «Alla metà degli anni ’90 iniziò il crollo del settore. Io me ne accorsi, perché le case automobilistiche avevano iniziato a realizzare gli antifurto di serie e perché i cinesi si erano attrezzati per produrne di nuovi a basso costo, mentre avanzava l’era della geolocalizzazione. Solo una fusione fra le realità varesine e la creazione di un unico centro di ricerca e sviluppo avrebbe potuto salvarci, ma i miei appelli agli altri imprenditori caddero nel vuoto. Così vendetti tutto, prima che fosse tardi».

Oggi della Security Valley varesina resta poco, se non qualche realtà eccellente che ha saputo trasformarsi e reinventarsi. Eppure, di quello straordinario passato restano alcuni segni e il ricordo di un uomo che ha sempre preferito restare in disparte, senza rubare la scena. «Oggi – conclude “il re dell’antifurto” – ho però deciso di raccontare la mia storia. Lo faccio per lasciare una testimonianza ai miei figli, ma anche a tutti quei ragazzi che in questo momento mi sembrano troppo deboli, delusi e poco inclini al sacrificio. Spero di dar loro un po’ di coraggio per affrontare la vita a testa alta, come ho fatto io, cercando di realizzare qualcosa di importante».

C.S.

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