Danilo Gallinari ha detto addio al basket giocato. Lo ha fatto oggi pomeriggio, 2 dicembre, con un messaggio dedicato allo sport della sua vita e un video in cui ha condensato i momenti iconici di una lunga, lunghissima carriera. La sua ultima partita ufficiale resterà quella giocata lo scorso sette settembre a Riga, quando l'Italia fu estromessa dagli Europei dalla Slovenia di uno stratosferico Luka Doncic.
Nato a Sant'Angelo Lodigiano l'8/8/88 (ogni appassionato di basket in questi anni ha ricordato più facilmente la data di nascita del "Gallo" rispetto a quella della propria fidanzata o moglie), il suo destino è stato segnato non solo dal fatto che il padre Vittorio fu uno dei giocatori che fece grande l'Olimpia Milano negli anni '80. Danilo, infatti, ha fin da subito messo in mostra doti eccezionali, non solo fisicamente. Nei suoi 208 centimetri di altezza risiedono intelligenza cestistica e polpastrelli morbidi, quelli che l'hanno fatto diventare il miglior marcatore italiano di sempre nel campionato NBA, laddove calca il parquet il gotha della palla a spicchi mondiale.
Ha iniziato vincendo e ha finito allo stesso modo. In mezzo, una carriera di primo piano negli States. Il primo successo lo ottenne giovanissimo, quando, nel 2000, trionfò con la sua squadra di paese nel campionato Propaganda riservato agli '88 della provincia di Milano. L'ultimo è stato quello dello scorso anno, quando, senza un'offerta NBA plausibile e con le squadre di Eurolega (la sua Olimpia per prima) che non fecero un affondo consistente, decise di giocarsi le residue cartucce della carriera nel campionato portoricano. Una scelta avventurosa ma ripagata dallo “scudetto” ottenuto con i Vaqueros de Bayamon, condito dal titolo di miglior giocatore del torneo.
L'esordio tra i senior a 16 anni, a 17 già in Eurolega con Milano e il riconoscimento di “Rising Star” nel 2008. Danilo attraversò l'oceano subito dopo e venne scelto nel draft 2008 da una delle squadre simbolo della miglior lega del pianeta: alla numero 6, dopo campioni del calibro di Derrick Rose, Russell Westbrook e Kevin Love, probabilmente futuri “hall of famer”, furono proprio i padroni di casa di New York ad assicurarsi Gallinari. Il pubblico del Madison Square Garden disapprovò, ricoprendo di fischi la dirigenza dei Knicks e, di conseguenza, anche Danilo.
L'accoglienza un tantino fredda si trasformò presto: l'esigente pubblico di Manhattan, guidato dall'iconico Spike Lee, si ricredette in fretta, confortato da prestazioni che, soprattutto dal secondo anno in poi, lo lanciarono spesso anche nel quintetto titolare della squadra della Grande Mela (facendolo ricordare non solo per la “memorabile” performance canora con Halo di Beyoncé). Fu poi scambiato a Denver nell'ambito della trade che portò la superstella Carmelo Anthony sulla costa est: in Colorado Danilo visse probabilmente i suoi anni migliori, rimanendo sei anni e mezzo. Poi Los Angeles (sponda Clippers), Oklahoma City, Atlanta, Washington, Detroit, Milwaukee e il grande rammarico Boston.
Pur avendo firmato un biennale nella free agency 2022 con la franchigia del New England, infatti, Gallinari non ha mai potuto indossare la gloriosa divisa verde che fu di Bob Cousy e Larry Bird. Fatale gli è stato un brutto infortunio al ginocchio rimediato con la Nazionale pochi giorni prima di iniziare gli Europei 2022. L'italiano è stato fermo ai box per un anno, ma prima di iniziare la stagione successiva fu scambiato agli Wizards. Quei Celtics 2023/24 stravinsero l'anello in una finale quasi senza storia contro Dallas. Se Danilo non si fosse fatto male, avrebbe alzato il Larry O'Brien Championship Trophy insieme a Jayson Tatum e tutti gli altri, ne siamo certi.
La sua carriera NBA si è chiusa con oltre 12mila punti segnati, miglior italiano di sempre. Primo posto anche per assist, rimbalzi, palle rubate e triple segnate. In mezzo, piccola curiosità, è passato anche da Busto Arsizio: grazie ad amicizie in città, nel corso del periodo estivo passato in Italia, si è allenato qualche volta al PalaDrago, l'impianto che è casa per il Basket Busto Arsizio.
Ecco le parole con cui il Gallo ha voluto salutare il basket:
"Non ricordo quando sei entrato davvero nella mia vita. Forse il giorno in cui ho sentito la palla rimbalzare per la prima volta. O forse quando ho capito che oltre quel suono c'era qualcosa in più.
Sei stato un sogno, un rifugio, una sfida continua. Mi hai fatto crescere, diventare grande, mi hai fatto cadere, mi hai rialzato e mi hai insegnato a non smettere mai di crederci e di provarci. Insieme abbiamo vissuto momenti che sono diventate istantanee nel mio album dei ricordi.
Grazie a te ho conosciuto persone meravigliose, amici, avversari, compagni di viaggio. In ogni duello, in ogni pianto, in ogni esultanza c'era un pezzo della tua storia, della nostra storia.
Così ti dico grazie. Con il cuore pieno di riconoscenza per ogni caduta, per ogni ritorno, per ogni applauso e per ogni silenzio. E soprattutto per avermi insegnato chi sono, dentro e fuori dal campo.
Il nostro viaggio non finisce qui, cambia solo la destinazione. Non perché sia finito l'amore, ma perché a volte i sentimenti si trasformano. E ogni storia ha bisogno di un capitolo finale.
Sarai sempre parte di me."




