C'è un'espressione del nostro Dialetto Bustocco da strada che mi suggerisce l'amico Luigi Pinciroli e che condivido col mio mentore, Giusepèn - "un oeu foea dàa cavagna" (un uovo fuori dal cesto) ha un valore morale grandioso - la gallina, anche se le attribuiscono un "cervello piccolo" depone sempre l'uovo nel cesto e raramente, ma proprio raramente, "sbaglia il colpo" - quando lo fa, agisce in maniera inusitata, direi "speciale" e merita una riflessione - una scoperta è "un uovo fuori dal cesto" - qualcosa di strabiliante è qualcosa di insperato e nemmeno ipotizzato che si manifesta - e lo stupore che ne deriva, fa baluginare gli occhi …. come a dire: "che hai combinato?" sia sotto l'aspetto positivo sia in quello negativo - per metterla sul pratico: uno che merita un 4 in matematica, d'improvviso risolve equazioni difficilissime e si "becca" un 9 mentre tutti gli altri, sono fermi al 4 al 5 al 6 …. ecco, ciò è l'uovo fuori dal cesto; che rappresenta l'eccezione.
Di converso, c'è chi, dopo reiterate spiegazioni, dopo gli esempi, dopo le elementari attese, sbaglia e continua a sbagliare, sino a farsi dire "l'e teme dogli ul zucàr ai asniti" (è come dare lo zucchero agli asini) - da notare che non s'è detto "somari", ma asini che denotano la mancanza di volontà di apprendere, l'impegno scarso, profuso, la doglianza, il lamento di dovere apprendere a ogni costo.
Ecco, gli "asniti" sono costoro che fanno scaturire un "detto già detto" …. "si fa prima a mettertelo là dove non batte il sole, piuttosto di mettertelo in testa" (non ho voluto scrivere una volgarità - sic) - c'è poco da dire (e lo rimarca Giusepèn) "sa ghe non a pasiòn, s'apprendi non" (se non c'è la passione, la volontà, non si riesce ad apprendere) - qui ci sarebbe da citare nomi e cognomi che Giusepèn ben conosce, ma è meglio citare un detto abbastanza moderno che dice "boccaccia mia, statti zitta".
Giusepèn mi parla di sua figlia Maria "ca l'e'ndèi a pruedi" (che è andata a far la spesa), per dire che col "pruedi" (provvedere) si compie un'azione tipica della "masèa" (massaia), ma non solo. Bello è che in Dialetto si dice "pruedi", e in italiano, si fa cadere l'accento in maniera differente. Provvedere, senza accento, con è come dire provvèdere (hò messo l'accento solo per specificare dove va messo il giusto suono della fonetica). Giusepèn aggiunge che "na oelta, a masèa l'andea a pruedi cunt'àa sporta e mò la vo cunt'ul gerlu, par fogli sta dontar a spesa pàa na semòna" (una volta , la massaia, andava a far la spesa con una borsa, mentre adesso, ci vuole la gerla, per farle star dentro la spesa per una settimana) - per dire, come cambiano i tempi - prima non esistevano il frigorifero o la ghiacciaia e si utilizzava "a muschiroea" (gabbietta costruita con legno-compensato, circondata da reticolato fine-fine che non permetteva a mosche e insetti vari, di attaccare il cibo) - quindi, non si doveva acquistare più del necessario per due giorni al massimo, altrimenti, salumi, formaggi, burro … deterioravano, inacidivano, perdevano la loro essenza di prodotti di scarsa conservazione..
Giusepèn, coi suoi baffetti "arzilli" …. (scusate il personalismo) … mi fa ricordare mio padre che ho nel cuore, sempre, ma quando vedo quei "baffetti" alla Errol Flinn, col doppio petto o il gessato, vado a scovare nei ricordi, la postura di un uomo mite, buono, elegante e sobrio, tal era il mio genitore che, nella sua breve vita (è morto a 58 anni) mi ha insegnato tanto - qualche Lettore potrà dire: "beh e che c'entra col resto dell'articolo?" gli rispondo chinando il capo …. hai ragione; tuttavia, nel vedere Giusepèn, mi prende uno stimolo fortissimo che mi porta al "campasceu" (mio padre) e non riesco a far a meno di risaltare la figura di un uomo che mi ha sempre amato con educazione.




