I primi giorni di ottobre hanno sempre un’aria sospesa. Il caldo dell’estate è ormai un ricordo, ma il freddo dell’inverno non ha ancora affondato le sue unghie. È un momento di passaggio, di sfumature. L’aria profuma di terra umida, di foglie che cadono, i funghi, l'odore di legna bruciata in lontananza. E io, ogni anno, aspetto con ansia l’arrivo di questo mese.
Forse perché ottobre mi somiglia: a metà tra ciò che è stato e ciò che verrà. Durante l'ultima camminata domenicale,
Massimo propone al gruppo di passare una domenica diversa dalle solite, andando a camminare sul lago di Comabbio.
Il punto di ritrovo: il parcheggio della chiesa delle Fornaci, appuntamento ore 9.30. Man mano che arrivavo, vedo le sagome familiari degli amici del gruppo di cammino: Rosanna con suo marito, Sara e Beppe con i suoi bastoncini da nordic walking, Patrizia e Massimo, puntuale come un orologio svizzero, già intento a sistemare il GPS; e poi c'è Daniela, senza marito perché impegnato con gli scacchi a Cairate, Consiglia con Laura e alcune colleghe e poi Carmine con Irene, Adele Giovanna e Cristina con i rispettivi mariti e via via arrivano tutti.
Una ventina in tutto. Gente di tutte le età, ognuno con il suo passo, la sua storia, ma uniti da quel bisogno semplice e potente di camminare insieme. Ci salutiamo con abbracci, pacche sulle spalle, sorrisi. Nessuno aveva fretta, eppure tutti sembriamo ansiosi di partire. Partiti!
Il cielo è coperto ma non minaccioso, anche se ieri sera ha piovuto leggermente. Arriviamo a Corgeno, scelto come punto di partenza perché c'è un comodo posteggio e il bar per il caffè di carica. Le nuvole scorrono lente sopra le cime degli alberi che già cominciano a tingersi di giallo, arancio e rosso. L’aria, fresca, pungente al punto giusto da farci tirare su le cerniere delle giacche ma non da farci battere i denti.
Iniziamo a camminare lungo la pista ciclabile che abbraccia il lago. Un percorso pianeggiante, ben curato, dove asfalto e natura sembrano andare d’accordo. Da una parte, il lago leggermente mosso, punteggiato da canneti e riflessi d’argento; dall’altra, boschi che si estendono a perdita d’occhio, con sentieri che si infilano tra i tronchi come vene sottili.
I primi minuti trascorrono in chiacchiere leggere. Qualcuno parlava della settimana passata, qualcun altro racconta di una nuova ricetta provata a casa di amici, altri ancora camminano in silenzio, ascoltando solo il rumore delle scarpe sulla ghiaia e il fruscio delle foglie.
Io cammino accanto a Consiglia, una signora vicina agli ottanta che, nonostante qualche acciacco, non perde mai un’uscita. “Sai,” mi dice a un certo punto, “quando cammino qui, sento di essere ancora giovane. Il passo è più lento, ma il cuore… quello corre.”
Annuii, perché capivo benissimo cosa intendeva. Camminare non era solo movimento. È ascolto, scoperta, presenza. È un modo per ricordarsi di esserci.
Dopo circa un’ora, a metà abbondante del percorso ci fermiamo per il pranzo . Un bellissimo parco con panchine e una vista magnifica sul lago.
Scegliamo di rimanere sul prato vicini all'acqua, Le canne ondeggiano al vento, e in lontananza si vedeno aironi immobili come statue. Tiriamo fuori i panini e cominciamo a mangiare.
Patrizia offre dei biscotti, mentre...... della frutta.
Laura ad un certo punto chiede a Beppe di provare i bastoncini da Nordic, spiega le basi della camminata ma, dopo qualche tentativo Laura rinuncia, "riprenderemo con calma nella nostra Valle" dice Beppe. Pranzo finito e mentre sorseggio il caffè caldo, guardo l’acqua. Immobile, come se trattenesse il respiro. E in quello specchio perfetto si riflettono le nuvole, gli alberi, e anche noi. Ebbi la netta sensazione di far parte di qualcosa di più grande. Non solo del gruppo, ma della scena stessa. Come se fossimo parte del paesaggio, non semplici osservatori.
Riprendiamo il cammino. Il sentiero si addentra ora in un tratto più selvaggio, dove l’asfalto lascia il posto alla terra battuta. Le foglie scricchiolano sotto i piedi, e qualche goccia d’umidità ci bagna i pantaloni quando sfioriamo i cespugli.
Più avanti, ci fermiamo su un piccolo pontile in legno che si sporge sull’acqua. Carmine indica qualcosa tra i canneti: una famiglia di germani reali che nuota lenta, come in processione. Silenzio. Nessuno dice nulla per un po’. Solo il canto distante di un uccello e il rumore lieve dell’acqua.
Camminiamo ancora, per altri chilometri, alternando parole e silenzi. Ogni tanto qualcuno rallenta, qualcun altro accelera, ma il gruppo si tiene sempre unito. Anche quando il passo si fa' pesante, c'è sempre una voce pronta a incoraggiare.
Guardando i volti degli altri, penso a quanto è prezioso questo momento. Nessuno di noi è lì per competere, per misurarsi. Siamo qui per camminare, insieme. E camminare insieme significa, in fondo, accettare il passo dell’altro. Attendere, accompagnare, esserci.
Ci fermiamo alla panchina gigante per fare una foto di gruppo mentre Mia scodinzola abbaiando aspettando che la sua padrona scenda dalla panchina.
Quando arriviamo di nuovo al parcheggio, il sole si stava facendo spazio tra le nuvole. Un raggio dorato illumina la superficie del lago, facendolo brillare come una distesa di monete d’oro. Ci salutiamo con abbracci e promesse: “dobbiamo rifarlo" "certo, ma il prossimo il lago di Varese"
Tornando alla macchina, mi volto un’ultima volta verso il lago. Immobile, silenzioso, bellissimo. E comprendo che questa camminata non è solo un’escursione. È un rituale. Un modo per ritrovarsi. Con gli altri. Con se stessi.
Guidando verso casa, con le guance arrossate e le gambe indolenzite, sento un senso di pienezza difficile da spiegare. Non abbiamo scalato montagne, né compiuto imprese epiche. Eppure, abbiamo vissuto qualcosa di profondo.
L’autunno era arrivato. E con lui, il bisogno di rallentare. Di respirare. Di camminare. Insieme. Buona vita, buon cammino.




