Questa sera, attorno alle 20, meno di cento persone si sono date appuntamento davanti agli arrivi del Terminal 1 di Malpensa per un presidio contro la partenza - secondo i manifestanti - di materiali destinati all’assemblaggio di F-35. «Blocchiamo la macchina bellica», è stato lo slogan diffuso da uno dei gruppi promotori, i Giovani Palestinesi.
La protesta si è svolta in modo concentrato e pacifico. Grande dispiegamento di forze dell’ordine e tensione visibile ma senza scontri. Il presidio è nato intorno all’annuncio, rilanciato dagli organizzatori, che dalla pista di Malpensa sarebbe dovuto partire il volo CV 06311 con «cinque carichi di ali per F-35» diretti allo stabilimento Lockheed Martin di Fort Worth (USA). I promotori hanno rivendicato il diritto di impedire quel trasferimento come gesto concreto per chiedere l’embargo sulle armi verso Israele.
A guidare l’azione pubblicamente sono stati i Giovani Palestinesi - gruppo definito dagli osservatori locali come radicale sul piano dell’azione ma di impostazione laica - con la partecipazione del Gruppo Tanuki, già attivo nelle mobilitazioni locali legate al boschetto di via Curtatone a Gallarate.
«Pretendiamo l’embargo sulle armi, non è uno slogan ma una rivendicazione concreta di assunzione di responsabilità», recita il comunicato distribuito dal sindacato USB. Il presidio di stasera si inserisce in un’ondata più ampia di mobilitazioni e scioperi in Italia - con manifestazioni e blocchi in varie città contro l’invio di armamenti e in segno di solidarietà verso la popolazione palestinese - che nelle ultime settimane ha visto cortei, presidi e azioni di disturbo ai siti connessi al settore della difesa.
Dal punto di vista operativo lo scalo è rimasto aperto e regolare; il presidio si è svolto nell’area esterna agli arrivi senza causare interruzioni ai voli e all’arrivo dei passeggeri.
La serata si è chiusa senza incidenti: i manifestanti hanno lasciato gradatamente la zona dopo aver scandito alcuni cori, mentre le forze dell’ordine hanno mantenuto la vigilanza fino allo scioglimento dell’assembramento. I promotori hanno annunciato che «se necessario» torneranno a presidiare in futuro finché non verrà ottenuta la sospensione delle spedizioni contestate.