Storie - 13 ottobre 2025, 17:50

Dal Varesotto alla Freedom Flotilla, Dario Liotta racconta il suo viaggio: «Eravamo sognatori, non una minaccia. Abbordati dagli agenti greci in tenuta antisommossa: poi hanno visto le letterine dei bambini...»

Il saronnese Dario Liotta rivive l'esperienza a bordo della sua barca “Brucaliffo”: «Lo rifarei perché abbiamo suscitato attenzione, solidarietà, riflessione. Siamo stati un catalizzatore umano e politico che va oltre il viaggio in sé. È stata una decisione presa con mia moglie e la mia famiglia, sentivamo la responsabilità di fare qualcosa. Siamo stati accolti da grande entusiasmo, sostegno e partecipazione nei porti italiani. Oltre a cibo e medicinali abbiamo preso con noi le barchette costruite dai bambini di Bari per i coetanei di Gaza. Piccoli gesti di grande valore umano»

Dal calore della mobilitazione e condivisione nei porti del Sud Italia alle difficoltà in mare aperto, dall’arrembaggio della capitaneria greca alla decisione di fermarsi per ragioni di sicurezza: Dario Liotta, saronnese, è tornato a casa dopo l’esperienza con la Freedom Flotilla. A bordo della sua barca “Brucaliffo”, ribattezzata Al-Awda (il ritorno), ha partecipato alla missione umanitaria che voleva portare aiuti alla popolazione di Gaza e che ha riacceso l’attenzione internazionale sulle conseguenze umanitarie del conflitto.

Dario, quest’estate hai deciso di salpare con la tua barca per unirti alla Freedom Flotilla. Perché questa scelta?
Non si poteva restare fermi. È stata una decisione presa con mia moglie e la mia famiglia, sentivamo la responsabilità di fare qualcosa. La partenza è stata emozionante, con un grande entusiasmo nei porti italiani: fino a Catania abbiamo trovato sostegno e partecipazione.

Ti aspettavi tanto calore lungo la rotta?
No, non con questa intensità. A Roccella Ionica il sindaco ci ha accolti offrendoci l’ospitalità. È passato anche Mimmo Lucano (noto politico e attivista per i diritti dei migranti ndr) mentre a Otranto la piazza e il porto erano animati da concerti ed eventi. Cinque giorni di appuntamenti davvero partecipati. C’è stata la benedizione dell’arcivescovo e la presenza dell’imam. C’era un clima di partecipazione trasversale e autentica umanità.

A Otranto è arrivato anche il carico, da quello concreto a quello più simbolico.
Oltre a cibo e medicinali abbiamo preso con noi le barchette costruite dai bambini di Bari per i coetanei di Gaza, con le loro lettere e un sacco pieno di calzini raccolti ai piccoli di Lecce. Piccoli gesti ma di grande valore umano.

Non solo il carico, hai trovato anche il tuo equipaggio.
Con me c’erano Francesca Amoruso di Bari e Fabio Saccomani di Livorno, che curava i contatti con i media. Abbiamo iniziato a navigare con la nave di Roberto Cenci, più grande e adatta alla logistica.

Il viaggio vero e proprio e non è stato semplice.
Abbiamo navigato attraversato le isole greche fino a Creta, con mare spesso agitato e poche finestre di bel tempo. Un temporale ha danneggiato il fiocco della barca di Roberto Cenci lasciandola senza vela di prua, costringendoli a entrare nel porto di Heraklion. Noi siamo rimasti in una baia poco distante per verificare la situazione.

Qui il passaggio più complesso del tuo viaggio.
Sì, la capitaneria greca ci ha abbordati in tenuta antisommossa e ci ha trattenuti sul ponte per quasi un’ora. Quando hanno visto le barchette e le lettere dei bambini hanno capito che non eravamo una minaccia, ma “sognatori”. Dopo un controllo, ci hanno lasciato proseguire dopo che abbiamo detto che la nostra prossima tappa era rifornirci di carburante a Paleocastro.

In realtà però è arrivato il momento delle decisioni difficili.
La nave di Roberto Cenci è stata sequestrata con la scusa della necessità di un perito visto che entrando in porto aveva urtato il molo. La situazione si è sbloccata solo dopo giorni grazie anche alla Farnesina. Abbiamo provato a ripartire ma con il maltempo come capitano ho deciso di fermarci per motivi di sicurezza. È una delle condizioni previste anche dalla Freedom Flotilla: la sicurezza dell’equipaggio viene prima di tutto. Abbiamo lasciato la barca ad Atene e siamo rientrati.

È stata una scelta sofferta?
Molto. Ma ci ha confortato sapere che la mobilitazione della Flotilla aveva già ottenuto un risultato: attirare l’attenzione pubblica e mediatica su Gaza. Sentivamo di aver contribuito a qualcosa di importante avendo rotto il silenzio e mostrato l’orrore.

Lo rifaresti?
Sì, lo rifarei. Perché ha suscitato attenzione, solidarietà, riflessione. È stato un catalizzatore umano e politico che va oltre il viaggio in sé.

Cosa ti rimane di questa esperienza?
La convinzione che nessun popolo può essere considerato sacrificabile. E che grazie ad una forte mobilitazione tante persone se ne sono rese conto. E non solo. Rimangono i gesti simbolici e tante condivisioni che non finiranno con il rientro dalla barca in porto. Le barchette, le lettere, i calzini e il disco “Ballata rossa” che mi ha consegnato il jazzista Gaetano Liguori sono doni che vengono dal cuore e che spero di poter far arrivare presto alla popolazione di Gaza.

Sara Giudici da IlSaronno.it

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A OTTOBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU