Ieri... oggi, è già domani - 04 ottobre 2025, 06:30

“a biscocca” - “l'altalena”

I ricordi di Giusepèn spaziano tra la realtà e l'immaginazione. Introduce un tema, che profuma di nostalgia, ma che lo "costringe" alla riflessione...

“a biscocca” - “l'altalena”

I ricordi di Giusepèn, spaziano tra la realtà e l'immaginazione. Introduce un tema, che profuma di nostalgia, ma che lo "costringe" alla riflessione. Giusepèn, quando riflette, mette in luce la vita odierna, paragonandola ai tempi antichi. Oggi parla della "biscocca" (altalena) che acconsentiva a chi la praticava, di assentarsi con il gioco, ma di tuffarsi nella fantasia. 

L'altalena poteva avere una costruzione artigianale (quella che esisteva all'Oratorio, per esempio), ma pure una costruzione "personale" che in ogni famiglia era ubicata nel giardino o a fianco dell'orto, ma sempre in luogo appartato, quasi riservato, per poter conciliare il dondolio con la pura riflessione. "te fei tan'pensèi" (facevi tanti pensieri), come se in quel dondolio, rievocavi quanto avevi compiuto, con la prospettiva delle azioni da compiere. 

"Ti, te a dimi cusal'ea a biscocca par ti" (devi spiegarmi cosa rappresentava l'altalena per te) e, me lo dice, Giusepèn dentro un'alea di vero mistero che è quasi una confessione a cielo aperto. "ma gnean in menti, Giusepèn, i giugatòi cunt'i amisi" (mi vengono in mente, le giocate estreme con gli amici), ben sapendo che nelle "estreme" c'erano i giochi estremi, fatui, senza pensarci su troppo, con sprezzo del pericolo che, talvolta, era da punire, come spesso facevano i nostri genitori. "ul tiasossi" (il tirasassi) "fei cunt'un cepu da rubinia" (costruito con un ramo di robinia) che presentava una solida biforcazione, all'apice e una solida protuberanza che consentiva di essere tramutata in maniglia. "Te ciapèi un trunchetto, te limèi i du furchetuni e te muntèi i elostighi" (prendevi un tronchetto di ramo, con le due estremità che si biforcavano e le limavi, per applicarvi sopra due elastici) abbastanza larghi per acconsentire la presa.

 Alle estremità dei due elastici, si metteva una fondina di cuoio coi due buchi dove si passavano gli elastici. "l'è finia non" (non è finita). "a fundina, l'ea par metaghi dontar i sassi, non trol grossi, ma almancu, fei teme na bugetta o'n poeu pisse grandi" (la fondina, serviva a contenere i sassi, non troppo grossi, ma almeno grandi come una biglia o un po' più grossa) - "poeu ghea a maniglia, ca la sa cuertèa cunt'un nostar isulanti" (poi c'era la maniglia, per consentire l'impugnatura e la si copriva con il nastro isolante) ciascuno poteva scegliere il colore preferito, magari attinente agli elastici. Che so, elastici azzurri con impugnatura bianca - il mio tirasassi aveva l'impugnatura nera, con gli elastici rossi - già allora, il rossonero mi era confacente e rappresentava per me, l'accostamento preferito. 

Sulla "biscocca" pensavi alle gare di precisione. "Sa metèa 'na tola, a des-venti passi da distanza e te duei ciapòla par vengi" (si poneva una latta a distanza di dieci, venti passi di distanza e la dovevi colpire per vincere) - "ghea su, 'n pachetu da giusu o a faina di mochi" (in palio, cera il pacchetto di liquirizia o la farina di castagne). Tuttavia, il tirasassi, lo si utilizzava anche per le contese tra amici. Due-tre-quattro da una parte, due-tre-quattro da un'altra con una zona libera tra le due squadre di almeno trenta passi. Proibito uscire dai rispettivi recinti. Le "munizioni" (i sassi) erano cinque per ogni "tirasassaio" (ride Giusepèn, per il fatto che "tirasassaio" non esiste, "nanca in dul Dialetu" (nemmeno nel Dialetto) e l'ho inventato giustappunto per illustrare le "armi del duello".

Poi, al termine di quel gioco-scemo (l'avessero saputo le nostre mamme... sarebbe andata diversamente da come noi, discoli, l'avevamo ipotizzato), si contavano i colpi andati a segno (un'apposita giuria, teneva la conta dell'esito dei tiri) e i... bernoccoli che spuntavano sulla testa. 

Tutto ciò faceva parte delle riflessioni, quando ci si dimenava "su a biscocca" (sull'altalena), magari per comprendere dove parte il divertimento e quale plausibile conseguenza, potesse avere.

Giusepèn, annuisce: "ti, magatèl, dàa to moma, tèe ciapai su un burdèl da oelti" (ragazzaccio, da tua mamma, le hai buscate molte volte) e, sull'altalena, anche i pensieri e le riflessioni, erano molteplici e... intanto, si cresceva... in beltà (forse) e in armonia!

Gianluigi Marcora

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