Cronaca - 28 settembre 2025, 17:50

Lavinia Limido a Verissimo: «Oggi sto rinascendo. Dal processo mi aspetto il massimo della pena perché non posso pensare di vedere quell'uomo fra 30 anni in piazza che prende un caffè»

La giovane varesina aggredita in via Menotti a Varese nel maggio del 2024 oggi ha raccontato il suo incubo davanti alle telecamere di Canale 5: «Mentre Manfrinati mi accoltellava mi sono detta che quello era l'unico modo per salvare mio figlio e pensavo "fallo". Avrò fiducia di nuovo dell’amore? Sì, esistono uomini buoni. Come mio papà, che è morto per salvare la sua famiglia»

Lavinia Limido con Silvia Toffanin a Verissimo: sullo sfondo una foto del padre da giovane mentre la tiene in braccio

Lavinia Limido con Silvia Toffanin a Verissimo: sullo sfondo una foto del padre da giovane mentre la tiene in braccio

«E' terribile ricordare quello che è successo, ma oggi posso dire che sto rinascendo». A parlare è Lavinia Limido, vittima dell'ex marito Marco Manfrinati, che il 6 maggio del 2024 ha assalito lei e il padre Fabio Limido davanti al posto di lavoro in via Ciro Menotti a Varese. Un'aggressione brutale, culminata con il ferimento della donna e l'omicidio del padre di lei, intervenuto per difendere la figlia dalla furia assassina dell'ex avvocato di Busto Arsizio.

Lavinia Limido si è raccontata davanti alle telecamere di Verissimo, il programma di Canale Cinque condotto da Silvia Toffanin. Con intensità e comprensibili momenti di commozione, che non hanno mancato di coinvolgere anche la conduttrice, nella puntata andata in onda nel pomeriggio di oggi, domenica 28 settembre, Lavinia ha ripercorso la lunga strada di dolore, paura e oggi speranza che l'ha accompagnata in questi ultimi anni della sua vita.

«Ci siamo sposati e lui sembrava l’uomo perfetto» ha detto Lavinia raccontando l'inizio di questa storia. «Con la nascita di mio figlio - confida - sono nati attriti normali, come in ogni famiglia. Una situazione temporale, non causale». Ma qualcosa inizia a non funzionare nel profondo. «Con il passare del tempo la situazione degenera - ha raccontato Lavinia - Una sera lui mi chiede conto di una spesa di 20 euro e io non ho saputo rispondere. La sua reazione è pesante, mi spaventa. Ecco quella sera mi sono detta che avrei dovuto solo arrivare alla mattina successiva».

E così il giorno dopo, mentre stanno uscendo di casa, Lavinia deve nuovamente fare i conti con la reazione aggressiva del marito «perché avevo posteggiato la macchina in garage e non nel posto auto... Gli rispondo che così con lui non sarei uscita. Lui sale in auto e se ne va, mentre io dico "ora o mai più" e sono scappata. Ho portato il bambino dai miei genitori e mi sono fatta ospitare per alcuni giorni da un'amica».

E' l'inizio di un incubo. «Iniziano due anni in cui quasi ogni giorni succedeva qualcosa, due anni culminati con l’aggressione e l’uccisione di mio papà. Due anni assurdi, vissuti nella paura, con la videosorveglianza ovunque, messaggi minatori. Momenti terribili» ricorda Lavinia. «Vivevo nel terrore, ho perso dieci chili, perdevo le unghie. Il mio corpo mi diceva che dovevo fare qualcosa. E così ho dovuto raccontare tutto ai miei genitori». E' a quel punto che la giovane varesina decide di andare a vivere con loro «in una casa che era diventata un bunker».

Arriva il 6 maggio. E quello che succede è cosa ormai nota, raccontata dalle cronache: «Esco dal lavoro all'ora di pranzo, e lo vedo scendere. Indossava un cappellino, la mascherina e stringeva in mano un coltello. Non ha detto niente e mi ha colpita. Urlavo aiuto e lui mi accoltellava mentre gridavo. Non è stato doloroso, probabilmente per l'adrenalina. Anzi, ho pensato a quel punto che quella era l’unico modo per salvare mio figlio e quindi dentro di me dicevo: “fallo, fallo”. Lo stesso pensiero lo ha fatto mio papà, uscito per difendermi». 

E' in queste fasi che Fabio Limido viene accoltellato, perdendo la vita poco dopo nonostante il tentativo dei soccorritori di strapparlo alla morte. «Ma dopo di questo l’assassino ha avuto il coraggio di a mia mamma “Vai a vedere come sta tuo marito. Vedi cosa succede a sottrarre un figlio?”» ha raccontato ancora Lavinia.

Lavinia è un libro aperto: «Mentre venivo soccorsa sentivo le parole dei soccorritori. Dicevano che mio padre era in arresto cardiaco. Ho capito subito, poi sono svenuta. Mio papà non ce l’ha fatta: lui sapeva che stava morendo, ma sapeva anche che noi ce l’avremmo fatta. Ne sono sicura. Lui mi ha salvato la vita, come ogni genitore dovrebbe fare con i propri figli. I medici me lo hanno detto: oggi non sarei stata qui se lui non fosse intervenuto. E per questo che devo viverla bene, devo andare avanti. Lui ha salvato me, ma ha salvato anche tutta la famiglia perché vivevamo nel terrore. E ci ha liberato».

Dopo il toccante racconto, con le testimonianze video della sorella Cecilia e della madre Marta Criscuolo, Silvia Toffanin ha chiesto a Lavinia cosa si aspetta dalla sentenza per il processo in corso a carico di Marco Manfrinat per omicidio e tentato omicidio: «Mi aspetto il massimo delle pena, un fine pena mai - ha risposto Lavinia - Perché è giusto così. E perché non posso pensare che tra 30 anni potrò magari incontrare quest'uomo in piazza che prende un caffè dopo quello che ha fatto».

Inevitabile uno sguardo al futuro: «Avrò fiducia di nuovo dell’amore? In un uomo? Credo di sì - risponde Lavinia a un'altra domanda della conduttrice - perché lui non è un rappresentante di categoria. Ci sono tanti uomini buoni, intelligenti, rispettosi. Come era mio padre. Quindi sì, credo che un giorno potrò pensare di nuovo a un uomo e forse avere altri figli».

Redazione

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