Mezzo secolo di storia da celebrare coerentemente con la propria natura e la propria missione: la Cooperativa Rezzara ha ricordato le personalità cui sono intitolate la primaria “Chicca Gallazzi”, la secondaria di primo grado “Don Carlo Costamagna” e il liceo “Blaise Pascal” con un partecipatissimo incontro di inizio anno scolastico. Una storia che ha attraversato le generazioni e riparte. Un’occasione, ha chiarito il coordinatore dello scientifico, Gianni Bianchi, «…per tornare alle origini e alle ragioni di una scelta». Quella di dare avvio, coltivare e fare crescere istituzioni educative vivaci, fertili, capaci di trasmettere saperi e valori.
Tre nomi, tre relatori: prima della messa celebrata da don Emmanuele Silanos, e mentre i più piccoli assistevano allo spettacolo “Giovannino perdigiorno”, il direttore de La Prealpina, Silvestro Pascarella, ha moderato gli interventi di Cristiano Ferrario, medico, e delle professoresse Silvia Brambilla e Benedetta Maino.
Il primo, oggi oncologo in Canada, è tornato sulla figura di Chicca Gallazzi, insegnante, educatrice, scomparsa a soli 42 anni, attingendo a ricordi familiari, dell’infanzia e dell’adolescenza: «La scelta di intitolarle la scuola fu quasi disarmante. Chicca era, per me, l’amica dei miei genitori, una di famiglia, una persona normale. Umile, defilata, quasi timida. Spiava il mondo dalla sua macchina fotografica, era una grande osservatrice. Colpiva, però, per il suo desiderio di servire, di aiutare, per la sua capacità di riconoscere i bisogni. Fu discreta anche nella malattia. Me ne parlava, rispondeva alle domande, ma senza darmi un peso superiore alle mie forze. Per me arrivò la prima sofferenza irrisolvibile. Lei affrontò il suo percorso quasi come vocazione: deperiva fisicamente ma un nuovo tipo di pace si faceva spazio in lei». Sul dolore: «Mi colpì, al suo funerale, l’esercito di persone presenti. I tanti bambini che piangevano…». Sul trovare una strada: «Probabilmente nacque anche da lì la mia vocazione professionale, da quella malattia. A Montreal mi guardo allo specchio, la mattina, e prima di andare a lavorare ogni tanto penso che se non fosse stato per Chicca forse non sarei arrivato lì».
Alla professoressa Silvia Brambilla (trascinata, tra sorrisi e applausi, a parlare della sua firma sul brano per bambini “Mattone su mattone”) il compito di tratteggiare la figura di don Carlo Costamagna. Ritratto partito dalla Sedes Sapientiae, residenza intonata all’uomo di cultura e utile al sacerdote che aggregava i giovani. Maschi e femmine contemporaneamente, quasi una rivoluzione, nella Busto dei primi anni Sessanta: «In via Pozzi invitava personaggi di prima grandezza in tutti i campi del sapere. Soprattutto invitava i ragazzi, con modalità simili a quelle utilizzate, a Milano, da Gioventù Studentesca. Accorciava le distanze, si aveva la certezza che lui c’era. Anche per le piccole o grandi difficoltà degli studenti, dalla versione di latino al capitolo di storia. Ma non ti dava subito le risposte, ti diceva: prova a leggere. E ti rifilava un paio dei suoi libri. Fatica della ricerca e gusto della scoperta, questo coltivava. Ricorreva spesso alle domande, le faceva e le ascoltava. Ci accompagnava. Capivi che aveva delle passioni. Un messaggio importante che gli adulti possono trasmettere ai giovani».
Salto nel Seicento, al "mondo di Dumas", con Benedetta Maino: «Pascal è stato scienziato, matematico, ingegnere, fisico, filosofo, scrittore. A 16 anni ha pronto un trattato di geometria. Possiamo fermarci qui, abbiamo risolto: era un genio, lo annoveriamo tra i grandi, gli è stato intitolato un liceo. Ma prendiamo la cosa dalla prospettiva di Franco Silanos, fondatore del liceo scientifico o, come diceva lui, del liceo dell’indagine. Il professor Silanos percepiva la passione e il senso di sfida che trasmette Pascal. Grande difensore della ragione. Dentro la realtà che la ragione indaga, però, Pascal inciampa in un oggetto un po’ destabilizzante, infinito e piccolissimo, di enorme dignità ma fragile: l’uomo, fuoco del suo pensiero. L’uomo è cuore che desidera la verità e la felicità». Si pone domande, preziose per ogni studente di ieri, di oggi e di domani: «Quello che stai imparando che cosa c’entra con te? Cosa dice di chi sei tu?»