Ieri... oggi, è già domani - 15 settembre 2025, 06:00

"fregui" - briciole

Giusepèn, mi fa ritornare su un tema già trattato - lo fa per gratitudine alla vita e per significare quant'è prezioso il risparmio - Parlare di "fregui" (briciole) in epoca di consumismo è quasi una velleità - "ma come?" si sente in giro, in età moderna, "risparmiare" vuol dire "patire"; quindi, è un peccato "daghi sberli àa buca" (fare rinunce, che è il significato logico del letterale "dare schiaffi alla bocca)

"fregui"  -  briciole

Giusepèn, mi fa ritornare su un tema già trattato - lo fa per gratitudine alla vita e per significare quant'è prezioso il risparmio - Parlare di "fregui" (briciole) in epoca di consumismo è quasi una velleità - "ma come?" si sente in giro, in età moderna, "risparmiare" vuol dire "patire"; quindi, è un peccato "daghi sberli àa buca" (fare rinunce, che è il significato logico del letterale "dare schiaffi alla bocca).

Eppure, non è mai troppo tardi, per imparare il valore del sacrificio e del risparmio - farlo in epoca moderna è sicuramente più difficile, di quanto si attuava nel dopoguerra. Allora, il sacrificio era imposto e occorreva fare di necessità, virtù.

"Candu ti ghèi a tazina dul laci davanti ai oegi e candu ti ghei ul piatu cunt'àà lurdaia, te duei snenzò ul pan da sua dul piattu e guai a ti, sa burlea giù 'na freguia" (quando avevi la scodella del latte, davanti agli occhi e quando avevi il piatto del pranzo (lurdaia è leccornia), dovevi spezzare il pane sopra il piatto e, guai a te, se cadeva una briciola) - la morale è chiara e la dice lunga su quei tempi - anche le briciole soddisfacevano la fame e, si imparava a tenerne conto, pensando a chi non poteva  avere nemmeno quelle - viene in mente la parabola del "ricco Epulone" e del poverello che sostava sotto la tavola, elemosinando le briciole che lì, cadevano.

Giusepèn ricorda "ul pàn dàa tesera" (il pane della tessera) che in epoca-fascista dovevi ritirare nella misura stabilita per Legge e che non era congrua per i Cittadini che necessariamente dovevano fare in modo di nutrirsi, ma senza spreco - all'epoca, non c'era bisogno della "cura dimagrante" e, quel poco che c'era, doveva servire per …. tirare a campare.

Oggi, il "risparmio" assume un'altra dimensione: c'è chi non arriva a fine mese e c'è chi si indebita, non solo per acquistare il cibo necessario a vivere, ma pure per "fare vacanze", darsi un tono, con la speranza di potere, un giorno, pagare. Non è per tutti così: il ricco sarà sempre ricco e, per assurdo, in tempo di sacrifici (non di carestia) aumenta la sua disponibilità finanziaria - si adegua: poggia sulla povera gente la necessità di "dar lavoro" ed evita, possibilmente, di tutelare il Lavoro con quelle misure che servono per salvaguardare chi compie il Lavoro.

Un vecchio detto che metto qui solo per riflessione, diceva: "bisògna mazò i uperòi, inscì i sciui i 'nprendan a lauò" (occorre uccidere gli operai, così i ricchi, imparano a lavorare). - chiaro che la battuta nemmeno merita una spiegazione, ma un pizzico di "morale" ce l'ha - magari ci fosse una tutela del Lavoro, efficace - invece giornalmente, si sentono le notizie sui morti sul Lavoro - Giusepèn mi ferma nello scrivere: "da chi a t'à ou - risparmiò su'a pèl dàa genti l'e teme mazola" (qui, ti voglio) e (risparmiare sulla pelle della gente, è come ucciderla) - ogni volta che la Notizia ci parla di "incidenti sul Lavoro"  occorre andare alla radice del problema e (magari chiedersi) perché oggi…. si è ucciso un lavoratore?  - le condoglianza postume, servono a nulla … registrano unicamente un'ammissione di colpa!

Gianluigi Marcora

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