Non tutte le divise sanno farsi voce, sguardo, cuore. Rossella Panaro sì. Comandante della casa circondariale di Busto Arsizio, 51 anni, da settembre lascerà il suo incarico per un prestigioso ruolo al Provveditorato Regionale. Ma il suo trasferimento non passa inosservato: dietro di sé lascia molto più di una scrivania vuota. Lascia un esempio. Un modo diverso di guidare, fatto di autorevolezza gentile, rigore umano, presenza autentica. In un luogo dove il confine tra forza e fragilità è quotidiano, lei è stata equilibrio.
Perché Rossella Panaro non è stata solo un comandante. È stata faro, bussola, presenza. Autorevole senza mai perdere l’autenticità, capace di coniugare fermezza e umanità, sicurezza e ascolto, disciplina e calore. Una donna solare, affabile, empatica. Un raro equilibrio tra il dovere dell’uniforme e l’anima della persona.
Chi ha lavorato con lei la descrive come una presenza insostituibile. Ha guidato con rigore operativo – garantendo ordine e sicurezza in un contesto delicato – ma anche con profondità umana. Il personale di polizia penitenziaria le riconosce la capacità, sempre più rara, di saper essere vicina senza perdere l’autorevolezza, presente senza invadere. Per molti, specie per le giovani leve arrivate da lontano, è stata più di un comandante: una madre, un punto di riferimento, un rifugio.
Durante l’emergenza Covid, quando in tante carceri italiane scoppiavano rivolte e tensioni, a Busto tutto è rimasto sotto controllo. Merito suo. Di quella sua capacità di leggere i segnali, prevenire le crisi, assumersi responsabilità anche difficili, con intelligenza e umanità. Senza clamori, ma con fermezza. Bastava una scintilla per far esplodere la polveriera. Lei ha spento ogni fiamma prima che diventasse incendio.
Ha saputo gestire non solo le mura del carcere, ma anche i cuori di chi lo abita e lo vive ogni giorno. Attenta ai detenuti, attenta al personale, attenta a ogni fragilità. Con quasi trent’anni di carriera, Panaro ha vissuto ogni gradino della scala gerarchica. Agente a Opera, poi sottoufficiale, poi ispettore. Fino al comando. Sempre guadagnato, mai regalato. Sempre meritato, con dedizione, con passione, con valori.
Ora lascia Busto Arsizio, dove era arrivata per la sua prima assegnazione da comandante. E se ne va come solo i veri leader sanno fare: a testa alta, con gratitudine da parte di tutti e con un’eredità che non si cancellerà con un cambio al vertice.
Dal primo settembre, il carcere avrà un nuovo comandante. Ma la “Comandante Panaro” resterà, nei racconti, nei ricordi, negli insegnamenti. E soprattutto, in quel senso profondo di giustizia che ha saputo trasmettere, ogni giorno, con gesti concreti e parole misurate.
Perché comandare è un ruolo. Ma guidare con il cuore è un dono. E Rossella Panaro quel dono lo ha saputo offrire a tutti, ogni singolo giorno.