Ieri... oggi, è già domani - 21 luglio 2025, 05:00

“N'a cica da bogu” - “Una cicca di tabacco”

Mi fa piacere (e Giusepèn, annuisce) che ogni tanto qualcuno telefona per dire "m'e piasu chèl ca t'e scritu sul Dialettu"...

“N'a cica da bogu” - “Una cicca di tabacco”

Mi fa piacere (e Giusepèn, annuisce) che ogni tanto qualcuno telefona per dire "m'e piasu chèl ca t'e scritu sul Dialettu"  (mi è piaciuto quanto hai scritto sul Dialetto)  e, su mia domanda: "cusè?" (cosa in particolare?), l'attento Lettore mi ha citato il brano che ho messo nel titolo - ne approfitto per una disamina più approfondita, per magnificare il "mio" Dialetto, ma pure per chiarire che il Dialetto Bustocco da strada oltre a essere "colorito" è pure fantasioso.

Bene: come nasce quell'espressione? - dalla gente semplice, da chi si "spacca la schiena" in lavori umili, da chi ha studiato poco, dall'educazione ricevuta. All'epoca, era in uso il sigaro, piuttosto della sigaretta e la maggioranza degli uomini, fumava. Ma non solo. C'era il "trinciato forte" in bustina che era il tabacco "buono per essere annusato" e c'era il sigaro-toscano che lo si fumava, ma pure lo si spezzettava, per essere masticato - proprio così, masticato come fanno spesso oggi (giovani e non giovani) col cheving-um, la "cicca" per antonomasia.

Solo che, il "tabacco masticato", produceva una sostanza "schifosa, orripilante, puzzosa" che, di tanto in tanto, veniva sputata. Capisco il ribrezzo dei benpensanti (Giusepèn se la ride), ma di fronte a una realtà "da ringhiera", il "vezzo" era (quasi) consentito e lo si applicava in ogni dove, ma non in casa, bensì, all'aperto - le strade erano poco o raramente asfaltate e la "smargaiàia" (lo sputo con fragore) era usuale. Non proprio un vizio e nemmeno malcostume, ma spettacoli (oggi) indecorosi, si manifestavano in giro - (questa è roba, che non è per signorini; coloro che sono impacchettati in abiti firmati, col faccino profumato, le mani senza graffi e senza sbreghi, con le bluse sempre linde e pulite, con la parvenza di conoscere l'italiano e non il volgare Dialetto, bandito per Legge a Scuola, ma pure (non per Legge) nei salotti buoni dei "sciùi" - i ricchi).

Bene, eccoci al …. folklore: "quando qualcuno valeva poco, non era degno di rispetto, si metteva in mostra a disdoro, non manteneva la parola data, non ubbidiva all'educazione, non era degno di accondiscendenza" lo si apostrofava con "te sé 'na cica da bogu" (sei una cicca di tabacco) che (è bene ribadirlo) non il tabacco del sigaro-toscano, ma il tabacco masticato; quella poltiglia puzzosa e maleodorante che si doveva espellere, per non ingurgitala . Voleva anche dire "vali niente". Non era schizofrenia, ma nei colloqui, quando si arrivava al "cica da bagu" voleva significare …. assenza totale di stima, nei confronti di chi si è reso colpevole di "lesa verità".

Non è finita qui: all'epoca non esistevano i dentifrici che avrebbero potuto togliere il "rancido" e le macchie-giallastre che si formavano nel palato, ma ciascuno portava in giro la sua puzza e i propri denti cariati che si guastavano sia per un vitto non proprio corretto sia per l'acidità procurata dalla masticazione del tabacco. Ve l'immaginate nel rapporto intimo d'amore sessuale? (BBBBRRRRR).

Questo è Costume locale. E' anche Cultura, signori miei. Non v'è da pensare che il Dialetto Bustocco da strada, sia frutto di "gentilezze", sofismi e parola "rubate" all'italiano - la gente era umile (come lo posso spiegare?) e guai a chi la dovesse "bollarel" queste persone, per zoticoni, analfabeti, ignoranti.

Stavolta Giusepèn, interviene: "te dì 'na roba giusta e stà tenti a chi cha gò a spuza sut'al nasu" (hai detto una cosa giusta  e, stai attento a chi ha la puzza sotto il naso) - sorridiamo insieme, poi mi alzo dalla sedia, compio un gesto eloquente, (faccio barcollare il bacino da destra a sinistra) e Giusepèn, sentenzia …. "u capì, te se sboti i boll" (suvvia, non traduco. Si capisce ciò che vuol significare!) - è la risposta che si meritano coloro che sono nati Bustocchi, ma non hanno rispettato le proprie origini!

Gianluigi Marcora

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