Attualità - 27 giugno 2025, 08:00

Trump, Netanyahu e il Medio Oriente: la visione di Mauro della Porta Raffo

«Trump è qualcosa di assolutamente anomalo, senza precedenti nella storia americana» commenta l’analista e storico della politica americana in un dialogo sul Medio Oriente, Netanyahu, Meloni, la Nato e i nuovi equilibri globali. Rieletto nel 2024 e ormai libero da vincoli elettorali, il tycoon agisce senza timori, rafforzando il partito repubblicano attraverso il “coattail effect”

Trump, Netanyahu e il Medio Oriente: la visione di Mauro della Porta Raffo

«Trump è qualcosa di assolutamente anomalo, che non ha precedenti. Non deve preoccuparsi delle prossime elezioni: è stato eletto nel 2016, rieletto nel 2024, e secondo il 22º emendamento del 1951 non può più candidarsi. Quindi non ha la preoccupazione di costruirsi uno zoccolo duro di elettori fedeli. Né il condizionamento del partito, che è ormai composto interamente dai suoi uomini». Lo spiega Mauro della Porta Raffo, varesino, raffinato analista e storico della politica americana, nel corso di un dialogo fitto sul ruolo degli Stati Uniti nel nuovo e instabile assetto internazionale.

La chiave per comprendere il posizionamento di Donald Trump — tornato alla Casa Bianca dopo una rielezione che ha spiazzato osservatori e avversari — è proprio l’assenza di freni, di vincoli, di necessità di compiacere. Secondo Della Porta Raffo, la singolarità della figura trumpiana è oggi ancora più marcata: l’ex tycoon si muove su un piano inedito, senza dover rendere conto a un’elezione futura. Questo, paradossalmente, non indebolisce il Partito Repubblicano ma anzi potrebbe rafforzarlo, grazie al cosiddetto coattail effect, cioè quell’effetto di traino elettorale che un leader carismatico esercita sui candidati del proprio partito nelle elezioni di medio termine: «I suoi uomini pensano che vinceranno le elezioni future proprio grazie a lui».

Netanyahu e il Medio Oriente: l’alleanza che guida l’escalation

Uno dei temi più caldi affrontati con Della Porta Raffo è la nuova, delicatissima crisi mediorientale. E qui il nome di Netanyahu torna centrale. L’analista individua una dinamica precisa: «Netanyahu ha quasi obbligato Trump a seguirlo nel conflitto, capendo che poteva esportare la situazione per arrivare a una pacificazione. L’uso della forza è stato mirato: non hanno praticamente ucciso nessuno, l’intervento è stato per distruggere solo alcune basi. Non si è trattato di un attacco indiscriminato».

Trump, secondo MDPR, ha dimostrato una capacità poco riconosciuta di rimodulare la strategia in corsa. «Si è fatto trascinare, ma a un certo punto ha avuto la capacità di modificare la situazione. Almeno in questo campo ha cercato la pacificazione». Un passaggio che non contraddice, ma anzi conferma, l’idea del Trump “anomalo”: libero dai pesi istituzionali e politici, riesce a fare ciò che pochi presidenti possono permettersi.

Meloni e Washington: un asse pragmatico

Un altro elemento di interesse è il rapporto tra Trump e Giorgia Meloni. Per Della Porta Raffo, il Presidente americano nutre una considerazione autentica verso la premier italiana: «Meloni sa bene che dobbiamo collaborare con Trump fino al gennaio 2029. È una donna molto in gamba, molto preparata, studia tutti i giorni. E Trump questo lo riconosce, non per piaggeria, ma perché lo pensa davvero».

Il giudizio su Meloni è netto, indipendentemente dalle posizioni politiche: «Nel panorama italiano è una figura di grande capacità. Se pensiamo all'opposizione… beh, poverina la Schlein». Un endorsement indiretto che riflette anche la consapevolezza del premier italiano della necessità di dialogare con una potenza che rimane, per forza di cose, dominante sul piano globale.

Le basi italiane e il freno all’interventismo

Il dialogo si fa più acceso sul tema delle basi militari americane presenti in Italia. Qui Della Porta Raffo non risparmia critiche: «In qualche modo anche la stessa Meloni sa che non possono usare le basi italiane senza che noi diamo l’autorizzazione. E io credo che, siccome siamo persone intelligenti, dobbiamo chiederci: va bene gli Stati Uniti, ma per fare che cosa? Per andare a bombardare altrove? Io sono contrario al riarmo forsennato, ci vorranno dieci, vent’anni».

Una visione pacifista che contrasta con il crescente interventismo occidentale e con le richieste sempre più pressanti della NATO verso i paesi membri.

NATO, Cina e Russia: i blocchi che ridefiniscono l’ordine

La conversazione tocca inevitabilmente il ruolo della NATO, che secondo Della Porta Raffo poggia su basi giuridiche tutt’altro che solide: «Sulla base dell’articolo dell’Alleanza atlantica, molti interpretano che, se uno Stato viene attaccato, gli altri devono intervenire. Ma è discutibile, soprattutto nella seconda parte del trattato. L’unica volta che siamo intervenuti tutti è stato nel 2001, in Afghanistan. Ma quella non era una guerra di difesa. E poi, quasi sempre, i segretari generali della NATO sono politici che non trovano più posto nei loro stati. Quando uno perde le elezioni, lo mettono lì…».

Sulla Cina, invece, la riflessione si allarga alla storia e all’economia: «Continuano la loro espansione economica. Vogliono farla pagare agli occidentali, soprattutto agli inglesi, per il cosiddetto “secolo dell’umiliazione” a seguito delle guerre dell’oppio e ai loro trattati discriminanti. Ma lo stanno facendo in modo intelligente e non militare».

Quanto alla Russia, Della Porta Raffo invita a una lettura meno manichea: «Dobbiamo accettare che dopo Napoleone, Hitler e le spinte della NATO, i russi siano diffidenti. Non sono stati loro ad espandersi: siamo stati noi a portarci verso est. È una posizione che condiziona il loro comportamento, anche se non necessariamente lo giustifica».

Teheran: nessun cambio di regime in vista

E l’Iran? «Non credo che ci sarà alcun cambiamento di regime», taglia corto Della Porta Raffo, segnalando così come, nel suo schema di analisi, Teheran rimanga un attore stabile ma potenzialmente pericoloso, da contenere ma non da destabilizzare.

In conclusione quello che emerge dal dialogo con Mauro della Porta Raffo è un quadro complesso, dove l’anomalia Trump non è solo una deviazione dalla norma, ma una vera e propria categoria della contemporaneità politica. In un mondo in rapido mutamento, la sua figura si staglia come una variabile impazzita ma potente, capace di riscrivere le regole del gioco. E il resto del mondo — Italia inclusa — deve decidere se seguire, adattarsi o opporsi.

Alice Mometti

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