Busto Arsizio - 24 giugno 2025, 19:41

Riccardo Comerio e quelli che fanno senza voler apparire. Una patronale che dà una scossa a Busto, ecco perché

«Ho fatto solo il mio dovere» dice l'imprenditore, neo cittadino benemerito, e così hanno detto diversi premiati. Le lacrime, l'importanza della famiglia, l'esempio dei giovani: alcuni momenti speciali che ci lascia questa giornata

A sinistra Riccardo e Paola Comerio; a destra in alto Mauro e Cinzia Ghisellini con Antonio Tosi, sotto Maria Iannone e ancora Silvana Marangoni e i ragazzi dell'Isis

Alla cerimonia dei 140 anni della Comerio Ercole, Riccardo non aveva una sedia. Prima di salire sul palco per i saluti e le riflessioni, aveva assistito ai discorsi delle autorità in piedi, non trascurando di dare il benvenuto a ciascuno nel frattempo (LEGGI QUI).

Oggi, forse avrà fatto fatto anche fatica a stare lì, seduto prima in fila a Villa Tosi per la patronale di Busto per la civica benemerenza. Nonostante sia un imprenditore di successo, già presidente di Confindustria Varese, presidente dell'università Liuc, in prima linea in tante realtà di volontariato a partire dai vigili del fuoco in congedo,  alzarsi e andare davanti ai concittadini a ricevere quel premio non è una passeggiata. A maggior ragione per chi è abituato a fare, e anche se sa ben comunicare, non ama apparire: preferisce dare spazio agli altri. Insomma, a chi fa con lui. Accanto a Comerio, la moglie Paola - la sua forza, come l'ha definita - , che ha ringraziato, insieme ai genitori per l'amore e i valori trasmessi.

«Mi sento un cittadino del tutto normale, che ha fatto solo il suo dovere» ha assicurato Riccardo Comerio. Il senso del dovere è stato un concetto ribadito dall'imprenditore, che ha concluso di essere «pieno di gratitudine e di nuovo, profondo entusiasmo» dopo questo riconoscimento.

Il suo "Viva Busto Arsizio, viva la nostra comunità" si contende l'aria con le campane che stanno annunciando la messa, la parte religiosa della patronale.

Riccardo non ha un profilo social ricco di selfie, condivide per lo più i tanti progressi dell'azienda o le iniziative da promuovere per il bene della comunità. 

La civica benemerenza è stata un momento speciale,  uno dei tanti vissuti oggi a Villa Tosi. Impossibile ripercorrerli tutti (ma li trovate tutti QUI), vorremmo citarne alcuni in linea a questo senso naturale del fare e del dovere, che quasi si stupisce poi dei grazie.

Uno è quando Silvana Marangoni (San Vincenzo) dice ricevendo il premio Olga Boni: «Non so se me lo merito». Genuino il suo stupore, lei che fa parecchio, appunto, che ha lanciato l'Officina del Sapere e tracciato un futuro di speranza per tante persone.  

La grande protagonista è stata l'emozione. Tutta sul volto di Maria Iannone, un motore inarrestabile per l'Aido, quando viene nominato poi suo marito, il compianto Franco Mazzucchelli nella consegna del premio della Bontà. È anche per lui, per ricordarlo, seguirne l'esempio e portarne avanti l'opera, che è scesa in campo senza esitazione. Se siete nel suo rione e vedete apparire locandine di qualche evento benefico, capite che è passata Maria a piazzarle. Lei chiede e tutti danno, perché sa quanto ami fare.

Ma l'emozione è diventata aperta commozione con la consegna del premio Olga Fiorini. Antonio Tosi, ul Pedèla, senza maschere, senza filtri: si è sciolto in lacrime pensando anche lui, come Riccardo Comerio, ai suoi genitori e alla moglie. Non meno emozionato il volto di Mauro Ghisellini, mentre la sorella Cinzia leggeva il discorso rendendo omaggio a Tosi e alla zia, luce che ha sempre guidato sul sentiero del fare. 

Il fare infine che ha impegnato anche i ragazzi dell'Isis Facchinetti - vincitori del premio Enrico Dell'Acqua - in un progetto con e per il loro compagno Simone, studente con disabilità. E come sempre, quando si fa per gli altri, si riceve altrettanto se non di più: una squadra fantastica, l'ultima immagine che vogliamo portarci via di una patronale capace di dare una scossa autentica a Busto, perché sono loro il futuro. Il futuro in cui oggi la città sente di poter credere.

Marilena Lualdi