«Date la coppa a entrambi, basta così». Quando ho letto queste parole scritte da Juan Martin Del Potro, mi sono fermato. Era ancora in corso il quinto set della finale del Roland Garros tra Sinner e Alcaraz, ed era impossibile non condividere quel sentimento. Lo ha detto uno che di battaglie sul campo ne ha giocate tante, uno che sa cosa vuol dire sfidare i mostri sacri del tennis moderno, i Big 3 (Federer, Nadal, Djokovic). E se lo dice lui, che ne ha viste e giocate di partite epocali, allora forse è il modo più giusto per sintetizzare ciò a cui abbiamo assistito ieri.
Perché sì, è stata una finale meravigliosa (la più lunga di sempre a Parigi, 5 ore 29 minuti), intensa, piena di talento e umanità. Una battaglia leale tra due campioni veri, con il rispetto reciproco che traspariva in ogni punto dato o restituito all'avversario, in ogni sguardo, in ogni palla giocata fino all’ultima goccia di energia. Hanno 22 e 23 anni, Alcaraz e Sinner. Fa quasi impressione dirlo. Eppure lì, su quel campo, hanno mostrato una maturità, una lucidità e una capacità di tenere la scena da veterani. Mi sono emozionato. Come appassionato, come spettatore, come italiano. Perché Jannik non ha vinto, è vero. Ma ha fatto qualcosa di più difficile ancora: ha fatto innamorare, ha mostrato quanto può arrivare lontano.
Poi sì, possiamo anche dirlo: ha avuto le sue occasioni. Tre match point nel quarto set, il servizio per chiudere sul 5-4. Lì Parigi si è trasformata – spiace dirlo – in qualcosa di diverso dal teatro nobile del tennis. Sembrava una corrida, una bolgia da stadio. Ma non cerchiamo alibi. Perché Sinner non ne ha bisogno. Lui stesso non li accetterebbe. È uscito sconfitto, ma a testa altissima, mostrando una tenuta mentale ed una resilienza che non hanno pari. Il suo tennis ha tutto: talento, solidità, visione. E soprattutto quella serenità composta che lo rende, anche nella delusione, un esempio raro.
Alcaraz, inutile negarlo, è stato eccezionale. Quel dritto… ne abbiamo visti tanti, e lo dico da appassionato, da chi guarda tennis da più di trent’anni: una potenza così esplosiva e naturale è rarissima. Ha dovuto dare tutto, fino all’ultima goccia, per spuntarla sulla sua amata terra rossa. E se per Carlos questa è stata la giornata in cui ha scritto un’altra pagina della sua storia, io sono convinto che Jannik la sua, di storia, è pronto a scriverla molto presto a Parigi.
Perché questa sconfitta non è una fine. È un inizio. Il Roland Garros tornerà, e con esso nuove possibilità. Ora però, lasciamolo riposare il “nostro” campione. Qualche giorno con la famiglia, un po’ di silenzio, e poi si ripartirà verso Wimbledon. Lì dove il bianco è obbligatorio e lo stile è tutto. E Sinner, di stile, ne ha da vendere. Dentro e fuori dal campo.
Oggi, da italiani, dobbiamo conservare l’orgoglio di poter ammirare e tifare per un campione come Jannik. Perché Sinner non è solo un fuoriclasse del tennis, ma anche una figura limpida, solida e autentica, in un mondo che ha sempre più bisogno di esempi così. È il numero 1 del mondo, con pieno merito e per distacco, come certifica anche il ranking ATP. E mai come stavolta, è tutto assolutamente vero.