ERBE BUSTOCCHE
Eccone un elenco tratto dal Dizionario di Luigi Giavini:
Erbabòna: finocchio selvatico (per i bruscitti)
Erbèti: erbette
Erbalàna: l’Azimonti ne fa una splendida descrizione: “Agnello… vegetale. Una leggenda Medievale, corrente ancora in Inghilterra nel sec.XVII, asseriva che in Tartaria fioriva una pianta detta l’albero dell’agnello dal frutto della quale schiudevasi a maturazione un candido vello con cui gli indigeni confezionavano stoffe meravigliose. La leggenda adombrava senza dubbio la pianta del cotone.”
Erbabìcu: barba di becco, detta anche barba di prete. Ricordiamo un proverbio:
“sumenà i erbabìchi” ovvero fare un lavoro inutile.
Erbamèdiga: erba medica, trifoglio
Erbarùga: ruta
Erbasàia: salvia
Erbàscia: erbaccia
Erba da San Giuàn: verbena officinalis
Erba strambèa: sono le comuni “lavazze” a foglie larghe, da applicare sulle slogature
Erba dul suldà: achillea millefoglie. I Celti celebravano un rito religioso per la sua raccolta essendo un’erba preziosa per curare le ferite.
Erba betonica: betonica
Erba murnèa: celidonia
Erburèn: prezzemolo (anche pedarsèn)
Pancücu: acetosa
Limunzina: cedrina o erba luisa.
Tim: timo
Purscelana: portulaca
Curengiöa: erba del cucco o lingua di cane. Nel Dizionario: erba i cui fiori a
capsula vengono fatti scoppiare dai bambini premendoli sulla fronte o sul
dorso delle mani. Detta così perché astringente, e quindi fa tirare la cinghia,
la “curèngia”.
Erba da San Pedar: piretro o erba amara
Malba: malva
Üsmaèn: rosmarino
Basilicu: basilico
Mazzacavài: graziola
Brügu: erica
Malvòn: altea
Peuchèn: piantaggine
Strascianvaca: tarassaco
Gramegna: gramigna
Traföi: trifoglio
Erba da Santa Teresa: miseria
Secondo una credenza popolare le erbe, raccolte nel giorno di San Giovanni, solstizio d’estate, possedevano proprietà particolari. Era il massimo dell’incantesimo, ed è in questa notte che si raccoglie l’erba magica per farne un decotto con cui detergere la fronte degli ammalati, l’artemisia per scacciare demoni e streghe, il sambuco da essiccare ed usare come purgante, l’iperico, detto anche “scacciadiavoli” da tenere addosso per tenere lontano il malocchio, la verbena per avere pace e prosperità…
In questa notte la Madonna piange nel ricordo del battesimo di suo figlio e di angoscia per i mali del mondo e le sue lacrime diventano, per incanto, rugiada, che sulle foglie delle verzette e del granoturco si fa cristallo in piccole perle lucenti.
Si diceva che solo tre famiglie di Busto, dopo anni di tentativi, erano riuscite a trovarle ed a conservarle, intatte, in piccoli astucci vellutati, come reliquie.
Dice ancora la leggenda che queste “lacrime” messe negli occhi di chi soffriva per un corpo estraneo, lo trascinavano fuori, guarendolo…