Di questi tempi, i temporali si sono susseguiti in maniera rilevante. Ci tocca parlarne. Ce lo chiede sia Giusepèn, sia qualche Lettore anziano, per significare che, un tempo, non esisteva il "meteo" e i contadini, oltre a "guardò al voltu" (guardare in alto), dovevano "intuire" e prevedere le bizze del tempo. Ci viene in aiuto, l'amico Luigi Pinciroli, Presidente dei "Volontari del Sollievo", meritoria Associazione che si occupa del "trasporto in Ospedale" (e non solo) di chi non possiede un mezzo di trasporto privato ed ha necessità incombenti.
Ecco cosa ci racconta. Il soggetto univoco è il TEMPORALE - "candu al vegn da Arcunò, ciapa a sapa e scapa a cò" (quando proviene da Arconate, prendi la zappa e corri a casa) - il temporale è sicuro, certo, arriverà e sarà bene correre ai ripari; oltre a proteggere la propria persona, occorre provvedere a ritirare ciò che potrebbe patire le ire del cattivo tempo - "s'al vegn da ul Tisen, branca a sapa e vo'n giardèn" (se proviene dal Ticino, prendi la zappa e lavora in giardino), segno che si tratta sempre, di temporale, ma non proprio "cattivo"; tuttavia, di pericoli e di danni, non ne dovrebbe recare, per cui, si può benissimo lavorare in giardino) - "sal vegn dàa muntogna, ciapa a sapa e vo in campogna" ( qui si tratta di un temporale, senza alcun pericolo, quindi, prendi la zappa e raggiungi la campoùagna). Chiamiamolo vezzosamente... temporalino!
E' bene sottolineare che la "campogna" non è il semplice giardino o il praticello vicino casa - qui, si tratta della "fòa" letteralmente è "fuori", ma la "fòa" rappresenta il podere che un tempo era dislocato "fuori" dal centro abitato, quindi lo si doveva raggiungere "cunt'ul caretòn" (col carretto), magari trainato dal cavallo, ma pure a piedi, dopo una camminata mica-male, ma, per i contadini più abbienti, con la bicicletta e... sempre, con la zappa in spalla.
La paura per il temporale, a Busto Arsizio, era tantissima. Anche per il fatto che, nel 1908 (sic), il temporale furibondo, si abbattè proprio sul nostro Territorio, addirittura era un "ciclone" che, peraltro, fece numerosi morti, fra le maestranze della Aziende che non avevano gli opportuni "ripari" e le dovute precauzioni.
Si sa che la potenza del temporale, è minore di quella del "ciclone" e, quando fulmini e saette, boati di genere perverso, vento che cambia direzione in base alla "forza" del ciclone, si è di fronte al "maencu"che, nonostante lo abbiamo citato e spiegato nei due libri "ul Giusepèn" e "Giusepèn e Maria" c'è tuttora qualcuno che ci pone la domanda: "cusa l'è'l maencu?" (il maencu è la forza della pioggia, esasperata, distruttiva, con tanto di vortici d'acqua in cielo che si abbattono sulla terra, con fulmini e saette che producono danni in ciò che incontrano, sino a demolire pareti e cancelli, suppellettili sparsi in cortile, attrezzi non ancora depositati nelle stalle o in qualsiasi ripostiglio. Di tutto un po', insomma. Col vento sempre impetuoso, simile a un "tornado". Col "maencu" non si scherza e si rischia, per chi viaggia, di trovarsi scaraventati a terra, per effetto del "ciclone".
Val la pena ricordare che "maencu" è parola Ligure, trasportata da noi, quando i nostri avi "scoprirono" il Territorio dove oggi regna Busto Arsizio, e che si estende in parecchi Comuni del Medio Olona. In "fèn dàa fea" (in fine della fiera), come si diceva un tempo, per concludere un discorso, il Ciclone è un Temporale cattivo, esacerbato, infido, pauroso e, (lo si dice in un altro proverbio che cita il nostro Giusepèn): "chi s'è scutò cunt'u acua colda, dopo al ga pagua da scutassi anca cun chela fregia" (chi s'è scottato con l'acqua bollente-calda, poi ha paura di scottarsi anche con quella fredda). Ci vuole -ora- un Nocino, buono e fresco!