«L’intervento sulla Casa di Comunità in viale Stelvio, a Busto, è sostanzialmente completato e aprirà i battenti più o meno a metà maggio. Sono in fase avanzata anche i lavori alle strutture di piazza Plebiscito, sempre a Busto, e a Fagnano Olona, tanto che dovrebbero essere pienamente disponibili entro la fine del 2025». Comunica novità sostanziali John Tremamondo, direttore socio-sanitario di Asst Valle Olona, sul fronte delle Case di Comunità, cioè di quelle articolazioni del Servizio Sanitario che, distribuite sul territorio, devono risultare a portata di cittadino.
Sono finite in modo ricorrente nel dibattito pubblico con l’accusa di essere gusci vuoti, all’interno dei quali l’effettiva disponibilità di servizi è scarsa o caratterizzata da un’implementazione come minimo lenta. Data ai primi mesi del 2025, per esempio, una polemica scaturita da dati Agenas, distribuiti in Consiglio regionale dall’assessore al Welfare Guido Bertolaso: sul territorio lombardo, solo sette Case di Comunità, a fine 2024, rispettavano tutti i criteri previsti dal Decreto ministeriale 77 del 2022.
Precisato che una delle sette, a Saronno, è tra quelle di Asst Valle Olona, Tremamondo approfondisce: «Le attività principali sviluppate nelle Case di Comunità sono sempre più numerose e conosciute dai cittadini. Le possiamo raggruppare in quattro macroaree: accoglienza e orientamento, con valutazione iniziale delle necessità; servizi di prevenzione e promozione della salute, dalle campagne vaccinali agli screening ai programmi educativi; presa in carico e gestione integrata dei pazienti, in particolare quelli fragili e colpiti da patologie croniche, anche con piani di cura personalizzati e attraverso il ricorso alla telemedicina; integrazione col sociale, a partire dalle associazioni, e con la comunità».
Questo l’impianto generale, con offerta di prestazioni a bassa/media intensità e ad alta frequenza. «Ma – aggiunge il dss – in Asst Valle Olona stiamo dando alle Case di Comunità delle caratterizzazioni specifiche. Quella di Cassano Magnago, tanto per fare un esempio, ha un indirizzo ostetrico-ginecologico». Visitando il sito dell’azienda, non è difficile rintracciare comunicazioni come quella sul servizio di home visitng ostetrico, un progetto di supporto a domicilio per neo mamme, partito nel 2024 con la Casa di Comunità cassanese come punto di riferimento e poi esteso. Una sorta di dimostrazione plastica delle potenzialità che le Cdc hanno nello sviluppare servizi e nell'avvicinarli ai cittadini.
Ancora, consultando gli elenchi, oltre ad ambulatori, assistenza domiciliare integrata, infermiere di famiglia / di comunità e così via (vedi QUI) ), si trova il “Servizio psicologia delle cure primarie”. «Lo abbiamo attivato nel distretto di Busto Arsizio – spiega Tremamondo – ed è un po’ un primato. Le persone che manifestano una sofferenza psicologica accompagnata a patologie, stress, crisi evolutive del ciclo di vita, disabilità o fragilità, problematiche neuropsicologiche possono, tramite il Punto unico di accesso, fissare un appuntamento nella prospettiva della presa in carico. In sostanza, è una declinazione dell’accoglienza/orientamento, una delle quattro macroaree sulle quali le Case di Comunità devono agire, una risposta a un bisogno presente sul territorio, palpabile, per il quale, fra l'altro, è abbastanza tipico che ci si rivolga al privato».
E l’accusa ricorrente? Quella stando alla quale le Case di Comunità sono scatole che ancora non contengono le risposte ai bisogni della popolazione? «I servizi – sottolinea il direttore sociosanitario – in realtà ci sono e stanno aumentando, a questo punto dovrebbe essere chiaro. Ed essendoci i servizi c’è personale, qualificato, che li garantisce. I cittadini prenderanno via via confidenza con tutto questo. Il paziente non è, in linea di principio, schierato a favore del sistema sanitario così come ha funzionato fino a poco tempo fa o del rinnovamento. Il paziente, con i caregiver, vuole la certezza della presa in carico. E a questo continueremo a lavorare».