C’è anche Busto Arsizio tra le 38 città di tutta Italia “ringraziate” ieri da Regione Lombardia per aver intitolato una strada, una piazza o un parco a Sergio Ramelli, esponente 18enne del Fronte della Gioventù morto cinquant’anni fa oggi, un mese e mezzo dopo la brutale aggressione subita da un gruppo di militanti di estrema sinistra.
Lo scorso 5 aprile, Busto gli ha intitolato il largo alla confluenza tra le vie Nigra, Cellini, Costa, Gioberti e del Roccolo, dando seguito alla mozione portata in Consiglio comunale da Fratelli d’Italia e approvata dalla maggioranza, non senza polemiche.
Per questo, è stata tra le realtà invitate all’iniziativa “Mille città per Sergio”, nell’ambito dell’evento “Le idee hanno bisogno di coraggio” tenutasi ieri all’auditorium Testori di Palazzo Lombardia.
A ricevere la “targa ricordo” dall’assessore regionale alla Cultura Francesca Caruso, affiancata dall’eurodeputato Carlo Fidanza, il sindaco Emanuele Antonelli e il vicesindaco Luca Folegani, tutti esponenti di Fratelli d’Italia. Erano presenti anche il capogruppo consiliare Paolo Geminiani, il presidente del circolo cittadino del partito Alberto Falciglia, Raffaele Mosconi del coordinamento cittadino e lo storico militante Andrea Bocciarelli.
Alla cerimonia hanno preso parte anche il governatore Attilio Fontana, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il ministro Daniela Santanchè, il sottosegretario Paola Frassinetti, mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta con un videomessaggio.
«Una morte tanto brutale quanto assurda»
La premier Meloni ha parlato di «una morte tanto brutale quanto assurda. E forse proprio per questo divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia. Sergio era una persona libera, ma essere liberi in quei tempi duri richiedeva una enorme dose di coraggio che spesso sfociava nell’incoscienza».
Rivolgendosi ai giovani ha aggiunto: «Non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri. Coltivate la vostra libertà, difendete le vostre idee con forza e con amore, come faceva Sergio».
«Desideriamo ringraziare uomini e donne delle istituzioni che negli anni, all’interno delle amministrazioni comunali, hanno voluto commemorare la figura di Sergio Ramelli – le parole dell’assessore regionale alla Cultura Caruso –. Un ragazzo colpito a morte per le proprie opinioni, in nome dell’odio ideologico. Una pagina di storia italiana che per troppo tempo è stata strappata, nascosta, dimenticata: con la consegna della “targa ricordo” vogliamo dare un riconoscimento a chi, con coraggio, ha sfidato pregiudizi e ostilità decidendo di rendere omaggio a un ragazzo che non imbracciava armi e spranghe, ma solo un quaderno. Un modo per ristabilire verità e memoria».
Per l’esponente gallaratese della giunta Fontana, «la chiave inglese che colpì Sergio alla testa non è solo un’arma, ma il simbolo tragico di una stagione in cui l’identità politica era una colpa e in cui la violenza era considerata legittima, purché rivolta contro il “nemico”. Questa non è una battaglia di parte: quella stagione va conosciuta, studiata e compresa in tutte le sue sfaccettature, affinché non torni mai più».
Il riconoscimento
Busto è stata una delle 38 città ringraziate con la “targa ricordo” per l’intitolazione di parchi, strade, giardini e piazze alla memoria di Ramelli. Queste le altre: Milano, Lodi, Verona, Sesto San Giovanni, Catanzaro, Arezzo, Ascoli Piceno, Brescia, Busto Arsizio, Cagliari, Casalpusterlengo, Cassano d’Adda, Cinisello Balsamo, Civitanova Marche, Codogno, Como, Desio, L’Aquila, Lecce, Modena, Monza, Nardò, Novate Milanese, Sanremo, Ospedaletti, Praia a Mare, Rovigo, San Severo, Sant’Angelo Lodigiano, Taurianova, Trezzano sul Naviglio, Vigevano, Crotone, Pedara, Pellegrina, Perugia, Macerata, Brugherio.
«Città da ogni parte d’Italia – evidenzia il capogruppo consiliare di Busto Geminiani – giunte per testimoniare l’importanza di ricordare l’omicidio di Sergio e un tempo in cui si poteva morire per aver manifestato un’idea, per aver scritto un tema contrario a chi la pensava diversamente dagli avversari politici. Un tempo in cui poteva non bastare cambiare scuola, quartiere, amicizie per salvarsi. Non vogliamo che questi anni possano ripetersi».