Ieri... oggi, è già domani - 07 aprile 2025, 06:11

“Dela Bela, gamba russa” - “Della Bella, gamba rossa”

"Un giorno, non sai come e perché, ti troverai a parlare di me". Parole di un'antica canzone di Luigi Tenco. Che ho spolverato incocciando un amico di tanti anni fa...

“Dela Bela, gamba russa” - “Della Bella, gamba rossa”

"Un giorno, non sai come e perché, ti troverai a parlare di me" - Parole di un'antica canzone di Luigi Tenco. Che ho spolverato incocciando un amico di tanti anni fa. Mi dice, sovrano: "hai visto in giro "ul Dela Bela, gamba russa?" (il Della Bella, detto gamba rossa?) - lì per lì, ho dovuto frugare nella memoria, per rincorrere almeno un "motivo" per ricordare Della Bella. Confesso che non ricordo nemmeno il suo nome. Poi, d'incanto, sono arrivato al... dunque!

Quasi mi sembra di sabotare il ricordo che mi suscita d'acchito, rispolverando le vicende che me l'hanno posto sul mio cammino - allora (avevo si e no, 8 o 9 anni …. ero alle Elementari, ma non nelle classi alte... forse la seconda o la terza. Morale, un giorno, a tavola, papà espone una idea che lo "tormentava" da diverso tempo. Dice a mamma "mi piacerebbe mandare nostro figliolo in Colonia. All'epoca, bofonchiare la parola Colonia era come darsi un vanto: costava, era "roba per benestanti" e noi, non lo eravamo. Zio Giannino taceva e mamma, monitorava la frase del babbo, pensando al dove, caspita, papà è andato a pescare quell'iniziativa che - a quanto pare - lo inorgogliva. Io me ne stavo cheto ad ascoltare. Non sapevo cosa volesse dire "andare in Colonia" e meno che meno la destinazione. Papà disse subito, Cervia che per me, rappresentava un nome ignoto. Conciliabolo, tra mamma e babbo... zio Giannino ci metteva "del suo" e, sui due piedi, papà fu fiero che la sua proposta fu accettata! Un po', arricciando il naso, ma "accettata"!

Certo che papà si informò sulle precauzioni da avere e su come in Colonia potessero "gestire" un tipo come me - morale. mi mandarono. C'era l'adunata in Stazione FF.SS , appello, saluti e subito a bordo del treno. Io (lo confesso) ero abbastanza "felice" di trascorrere un mese (sic) senza le "grinfie" di mamma, anche se la vedevo perplessa, per la mia lontananza. Lei, su di me esercitava il "voglio, posso, comando", senza deroghe e (confesso anche questo) mi sentivo amato. 

Fatto è che al secondo o terzo giorno a Cervia, eravamo nel refettorio (almeno 300 ragazzi) e passavano per ogni fila (3 file da 100 ciascuna) due inservienti (donna e uomo) che col mestolo, servivano la verdura: quel giorno c'erano i "curneti" (fagiolini) - io non li gradivo e... timidino com'ero (sic) ho detto che non li volevo. L'inserviente mi provocò con un "su muoviti, togli la mano dal piatto" - la mia reazione fu semplice, voltai il piatto e ribadii di non gradire quei fagiolini che mamma era abituata a non-servirmeli. Per tutta risposta, l'inserviente, col mestolo in mano e con la mia razione pronta per essere servita, buttò i fagiolini sul piatto voltato - provai disgusto e a due mani, buttai i fagiolini dentro il pentolone, piatto compreso. Subito l'energumeno mi prese per un orecchio e mi portò dalla Direttrice, dallo sguardo d'aquila, ma con l'intelligenza di un topo. "ora mettiti lì in piedi ad osservare i tuoi compagni, mangiare", fu la sua immediata decisione. 

Non sto qui a raccontare il "calvario" dei giorni che seguirono. Una volta non gradivo, un'altra non mi piaceva, poi quella roba lì non era di mio gradimento; fatto sta che spesso e volentieri venivo punito. Ricordo che una sera, a luci spente, quando c'era l'obbligo di dormire in quel "casermone", avvertii un fruscio e subito dopo un bisbiglio che mi rincuorava: un'inserviente, strisciando nel buio mi disse "ti ho portato un panino" e io la ringraziai tra i singhiozzi e la voglia di tornare a casa.

Conobbi un compagno che giocava con me e mi ripeteva spesso di "non prendermela" - era il Della Bella che (poverino) aveva uno sfogo sulla gamba sinistra che, dal ginocchio andava fino alla caviglia. Era una specie di ferita lacero/contusa color prugna, come se il sangue si fosse coagulato. Fu lui stesso a dirmi che lo chiamavano "ul gamba russa" proprio per quello.

Lui non c'era sul treno con noi, ma mi disse che "sono di Busto Arsizio anch'io" e ci confidavamo. Aggiungo un solo altro ricordo , per quanto è accaduto per l'intero mese: ogni settimana, a turno ci dovevamo incontrare con la Direttrice, per scrivere sulla cartolina postale "cara mamma, io sto bene e mi piace la vacanza" - siccome non era vero, già alla prima settimana, mi rifiutai di "eseguire la stucchevole volontà dell'aquila/topo" - fu così anche per le altre tre "sedute", sempre con la medesima punizione: domani, niente pranzo, merenda ridotta al pomeriggio, cena da... asceti. Persino il cane lupo che ogni tanto scorrazzava tra i ragazzi, mi veniva a leccare il muso, quando sostenevo la mia punizione davanti agli altri. 

Della Bella mi confidò che la notte prima del ritorno a casa, sarebbe avvenuto qualcosa di... simpatico. Non mi svelò il "come", ma intorno alle 4 del mattino (sic), col passaparola, tutti dovevamo essere in piedi nel letto e... orinare - non vi posso descrivere il frastuono che si era sviluppato e, quando i diversi pullman ci accompagnarono in Stazione, vedemmo da lontano una marea di lenzuola stesi sulle corde, al vento e i materassi accatastati nel cortile.

Alla Stazione di Busto, c'era la ressa dei familiari ad accogliere i "festaioli" - scorsi mamma, papà, zio Giannino, con gli sguardi rivolti al finestrino. Mi guardarono come se avessero scorto un ET o un fantasma - ricordo mamma che mi abbracciò e con voce rotta dai singhiozzi di pianto mi disse "cosa ti hanno fatto?" - poi tutti a casa e, sempre mamma intimò a papà di non "fare più simili scoperte" - per la prima volta sentii mamma dire "guarda com'è conciato mio figlio", mentre il resto delle volte era "nostro figlio" - papà deglutì, riconobbe la sua "colpevolezza" e lo zio Giannino (suo fratello) aggiunse solo "la ga rasòn le" (ha ragione lei). Fu l'unica volta che andai in Colonia!... non in Germania, s'intende, ma a Cervia!

Gianluigi Marcora

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