Ieri... oggi, è già domani - 17 luglio 2024, 06:00

"puaiti e sciùi" - poverelli e ricchi

Giusepèn, mi accoglie a casa, col solito, brillante sorriso-furbo che lo differenzia da ogni altro della sua età...

"puaiti e sciùi" - poverelli e ricchi

Giusepèn, mi accoglie a casa, col solito, brillante sorriso-furbo che lo differenzia da ogni altro della sua età. Sotto le rughe, ha lo sguardo buono e attento e intuisco che ha qualcosa da dirmi che somiglia "all'uovo di Colombo", ma che tuttora è rimasto inespresso. Attacca subito, dopo i saluti cordiali "di ordinanza" - "ghe'l Signui di por puaiti e chel di sciùi al go i curniti" - (c'è il Signore dei poverelli e quello dei ricchi ha le corna) - l'allusione o (se vogliamo), la differenza sul tipo di "Signore" di cui vogliamo discutere è basilare.

La gente mite, con poche disponibilità economiche, si rifugia spesso nella preghiera e cerca spesso l'aiuto della Provvidenza. Fa sacrifici, la povera gente; spesso è succube di una tutela-precaria, e un tempo, non esistevano i Sindacati o coloro che andavano a trattare con il cosiddetto "padrone".

Chi doveva mantenere la famiglia, doveva ingegnarsi con mestieri faticosi e malpagati, per giungere a sera, pronto per dare alla "miè" (moglie), "massea" (massaia), il necessario per poter vivere. A suon di sacrifici e di preghiere, nel piatto c'era sempre qualcosa per sfamarsi tutti insieme.

Nel "piatto" dei "sciùi" era ben altra musica. Esisteva l'abbondanza, sotto ogni aspetto, con tanto di ricchezza-ostentata, anche se (a onor del vero) non era così per tutti i ricchi. C'era chi comprendeva ogni necessità "degli altri" e chi invece badava ad accumulare ricchezze di ogni genere, a partire dai possedimenti che fruttavano altre ricchezze.

Il detto del "Signui di puaiti" si basava proprio sul chiedere, senza appello. Vero che il "datore di lavoro" offriva la "paga" che decideva e non esisteva la contrattazione fra Domanda e Offerta, sino al punto di offrire (da parte del datore di lavoro), la casa "in comodato" a un affitto debole, ma con la clausola di prestare lavoro in Azienda; diversamente, a cambiare "posto di lavoro" si perdeva il "diritto" dell'abitazione - chiaro che "ul signui di sciui al gò i curniti" (e qui, chiamiamolo con suo vero nome, il "signore con le corna è il diavolo" - Giusepèn va per le spicce: chi offriva il lavoro, oltre all'alloggio, calcolava il costo che aveva sostenuto per impiantare l'impresa e il costo sostenuto per edificare le abitazioni dentro cui sistemare la manovalanza. Da qui, si calcolavano gli oneri (paga) a cui aggiungere quelli delle "trattenute" che cominciavano a porsi nei primi Contratti di lavoro. Ai "padroni" inoltre, restava la proprietà delle abitazioni, occupate da sicuri "inquilini".

Tutto, però dettato dai "sciui" senza una contrattazione efficace - si è così determinata la volontà "Padronale" che dettava le condizioni del "comparto Lavoro" - la conseguenza era semplice ed elementare: i RICCHI accumulavano "fortune" importanti e i LAVORATORI avevano il necessario per vivere, ma null'altro. E tutto ciò, sino allo svilupparsi del "mondo sindacale" che piano-piano, doveva tutelare l'Offerta di Lavoro, con la Domanda, come succede ai giorni nostri.

Siccome (poi) anche i "sciùi" (non tutti), hanno un cuore, ecco che talune opere pubbliche, erano sovvenzionate dai ricchi. Esempio tipico, l'Ospedale di Busto Arsizio, pagato interamente dai ricchi, con l'impegno da parte dell'Amministrazione comunale a "donare" l'intera area su cui è sorto il Nosocomio. Di esempi simili, in città se ne contano a iosa (altro che dire "Bustocchi-taccagni"; basta leggere l'elenco delle "sigle pubbliche" operanti in città.

Vero che i ricchi hanno prodotto molto, ma "non è tutto è oro, quello che luccica" per dire che c'era tanto Lavoro "in nero", tante "devianze" nei controlli fiscali; addirittura tanti "baratti" del tipo "pago io, la gestione di quell'opera pubblica, ma tu, Comune, mi concedi questi lavori a favore della mia Azienda" - Giusepèn, lo dice chiaro e tondo "anca'l càn al moei non a cua par naguta" (anche il cane non scodinzola per nulla) .Il Cane "fa festa"se ottiene …. festa dal padrone!

Per non essere "disfattisti" diciamo che nel corso degli anni, le Parti si sono adeguate; i controlli si sono moltiplicati, ma con tutto ciò, si sono incentivate l'Evasione Fiscale, l'Elusione, l'espatrio di taluni capitali… tutti quegli "accorgimenti" che i "puaiti" non conoscono, ma che i "sciùi" hanno a portata di mano. Nessun moralismo, da parte nostra, ma a tutt'oggi, il "proverbio" vige e vegeta. Nessuno punta alla ricchezza solo per aiutare il prossimo e sentirsi a posto con la Legge - chi è ricco offre un contributo (più o meno) sostanzioso, ma mai con la proporzione degli agi che il ricco ricava dal mondo operativo.

Giusepèn liquida il discorso con un "l'e propri inscì" (è proprio così). A noi, rimane il Nocino!

Gianluigi Marcora

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