Busto Arsizio - 03 maggio 2024, 08:20

VIDEO - L’inviato Angelo Macchiavello alla festa di San Giuseppe: il rapporto con Busto e le guerre nel mondo

Il giornalista Mediaset ha incontrato una platea attenta e partecipe. Sollecitato dalle domande del pubblico, ha spaziato dal Kosovo all’Ucraina al Medio Oriente. «Mi preoccupano soprattutto Israele e Gaza. Lì si scontrano due popoli segnati dalla durezza»

Angelo Macchiavello accanto all'assessore Cislaghi, sotto il tendone di viale Stelvio

Angelo Macchiavello accanto all'assessore Cislaghi, sotto il tendone di viale Stelvio

Tappa alla Festa di San Giuseppe per Angelo Macchiavello, giornalista Mediaset, un rapporto speciale e consolidato con Busto alle spalle («…quando mi definiscono “giornalista di Milano”, correggo orgoglioso: giornalista di Busto Arsizio») e un curriculum da inviato di guerra che spazia dall’Iraq all’Afghanistan, dall’Ucraina al Medio Oriente.


Cena con la Giunta al completo, poi, con i partecipanti all’incontro sotto il tendone di viale Stelvio, più una chiacchierata informale che una conferenza. Un’atmosfera che, a dispetto della cordialità, all'insegna del dialogo a tu per tu, non ha edulcorato il racconto di chi è stato testimone di tanti orrori. «La prima guerra per cui sono partito è stata quella del Kosovo. Mai visto morire tante persone. E così male. Ricordo una casa bellissima. Sul retro c'era un’intera famiglia uccisa a colpi di machete, dentro l'abitazione c’era ancora la tavola apparecchiata».

Ucraina, esperienza recente: «Volevo andare a Kiev ma all’inizio sono finito in un paesino al confine con la Polonia. Ci transitava una marea di gente in fuga. Dovevo fermarmi tre giorni, ci sono rimasto molto di più, era possibile raccontare meglio lì che altrove. Prima ho visto passare belle donne con valigie firmate. Alla fine le valigie erano di cartone, le portavano persone che non si erano mai allontanate da casa. E tanti, scappando, chiedevano dove potevano trovare lavoro i loro figli. In Italia? Difficile dirgli di sì, un po’ imbarazzante. Anche se sono fiero di essere italiano. Per esempio grazie ai nostri militari, meravigliosi nell’aiutare la gente».

Capitolo Gaza. «Non ci si può entrare, so quello che tutto sommato possono sapere in tanti. Ma la situazione mi preoccupa di più rispetto a tutto il resto. Perché sono coinvolti anche Iran, Libano, Egitto, Arabia Saudita… Ma soprattutto perché l’impressione è che i due popoli, quello israeliano e quello palestinese, abbiano una mentalità segnata dalla durezza, che ci sia la disponibilità a sterminare o a essere sterminati. Tutto sommato, magari mi sbaglio, penso che sia più probabile si risolva la situazione tra Ucraina e Russia. Ecco, magari dire alla Russia che siamo pronti a mandarle contro i nostri soldati non aiuta (riferimento a un possibile coinvolgimento di truppe francesi, non escluso nelle ore precedenti da Emmanuel Macron, Ndr)».

Sul ruolo dell’informazione: «Non ho mai svolto il mio lavoro pensando di influenzare l’opinione pubblica. Faccio il cronista, racconto quello che vedo e quello che so, ammetto quello che non so. Al cronista, giustamente, nessuno chiede di dire come finiranno le cose. Ma, allo stesso tempo, i cronisti raccontano la storia, quella che finirà sui libri e che si studierà a scuola».

Stefano Tosi

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