Giusepèn liquida con un risolino stanco, la traduzione del titolo di questo pezzo. Poi se la ride un po' e mi sollecita a chiarire la mia interpretazione del "ne toeti, ne 'mpatati" che merita un ulteriore approfondimento. La frase completa è rivolva a chi "non apprende", "non impara" e che si dimostra pure quale "duro di comprendonio"; quindi, ecco svelato l'arcano.
Dopo una dettagliata spiegazione (di qualsiasi argomento) a cui fa seguito una incomprensione, colui che non comprende, merita un "a ti, sa podi non, ne toeti, ne impatoti" che, con la traduzione letterale, significa: con te non si può, ne comprarti e nemmeno fare pari e patta. Nel significato della Parlata Bustocca, nel Dialetto Bustocco da strada, vuol dire "ce l'ho messa tutta per farti capire qual è il giusto modo di agire e di comprendere la mia versione, ma tu sei duro di comprendonio o pensi di avere tutte le ragioni, quindi, non ti si può comprendere e nemmeno si può arrivare a fornirti un pizzico di ragione, per il fatto che sei depositario di tutti i torti.
Di solito (lo catechizza Giusepèn" "candu s'à risia, tuci gan tortu e tuci gan rason" (quando si litiga o si discute su un argomento qualsiasi, ciascuno presenta le proprie ragioni e ciascuno tiene presente le ragioni dell'altro). Questa è la regola per un dialogo corretto. Se una parte "possiede" tutte le ragioni e convince l'altra parte di avere ragione, la parte che dovrebbe soccombere, riconosce le sue pecche e le sue debolezze e la "lite" si conclude (magari con un cin-cin di Nocino - suggerisce Giusepèn) - se invece "uno" non riconosce la valenza di un altro, allora la "lite" prosegue "sine die" che vuol dire ……. all'infinito.
E' proprio a questo punto che "chi ha giudizio, lo manifesti", altrimenti, la situazione peggiora e si acuisce la rivalità. Quando però la ragione mostra risvolti così palesi, si giunge a quanto espresso sopra: "ne toeti e ne 'impatoti" (ne comprenderti e nemmeno salvarti) e la frattura diventa insanabile e il dissidio è completo.
Meglio chiarire con un esempio banale: "se oggi c'è il sole e l'altra parte dice che sta piovendo" è chiaro che uno dei due mente o (peggio) mente sapendo di mentire. Quindi, chi manifesta che "c'è il sole" non ha troppi argomenti per catechizzare la …. bella giornata. Ed è inutile sostenere che sta piovendo, quando la "bella giornata" prova la realtà dei fatti.
Giusepèn si mette in mezzo per dire "amui da fradèi, amui da curtèi" che calza bene col "ne toeti e ne 'mpatati" - si litigava (e purtroppo lo si fa tutt'oggi) per i soldi, gli averi, l'eredità. Spesso si arriva a deteriorare i rapporti di famiglia, quando la discussione "si accende" e ciascuna delle parti, accampa "diritti" inalienabili che si scontrano coi "diritti" inalienabili degli altri congiunti.
La composizione della "vertenza" arriva agli eccessi, con conseguenze spiacevoli: non parlarsi più - fare dispetti - arrivare (purtroppo) a usare violenza tra persone che avrebbero voluto (o dovuto) volersi bene. Non è finita: i genitori devono prendere una decisione. E a volte, anche la decisione dei genitori, non è rispettata dai figli e si arriva a esempi che è inutile elencare.
Il tutto, "per colpa" dei soldi che non riescono "a superare" gli effetti dell'egoismo.
"Amui da fradèei, amui da curtèi" non è una frase banale: basta vedere come vanno a finire tanti processi. Una sola constatazione: "a Roma ci sono più avvocati dell'intera Francia" (sic), per dire che siamo un Paese di litigiosi ed è bene evocare una frase dei Legnanesi (Teresa, Giuàn e Mabilia) "chi vusa pussè, la vaca l'e sua" (chi urla di più, può avere ragione) anche se, la Giustizia non è d'accordo!