Ieri... oggi, è già domani - 13 ottobre 2023, 05:00

"buntò e caitò" - bontà e carità

"Tra un bicchier di vino ed un caffè" (versi di una canzone di Gino Paoli)...

"buntò e caitò" - bontà e carità

"Tra un bicchier di vino ed un caffè" (versi di una canzone di Gino Paoli), si introduce Giusepèn con la sua verve-giovane e ci fornisce due chicche che meritano un approfondimento. Ecco la prima: "cun'ti s'a podi non ne toti e ne impatoti" (con te, non ti si può acquistarti e nemmeno fare pari e patta). Detta così, forse non tutto è comprendibile, ma Giusepèn, fornisce la dovuta spiegazione.

In una discussione, anche di fronte alla chiarezza assoluta, il testardo vorrebbe sempre avere l'ultima parola, per dire che, in fondo, forse, non ha tutti i torti o c'è sempre una via di fuga che possa salvare … capra e cavoli. Tuttavia, non si può dire che in una … giornata di pioggia, sta splendendo un sole cocente. L'evidenza non lo consente. Quando piove, il sole non c'è (salvo qualche gioco del destino -ed è capitato- che di fronte all'apparizione di un sole "anemico", qualche cirro se la ride, spruzzando pioggia.

Restando nella normalità, quando "uno" ha ragione, la si deve renderla coi sacri crismi della giusta correttezza. Quindi, quando il testardo vuole avere ragione a tutti i costi o vorrebbe (qui uso il condizionale) ottenerla con consenso di chi manifesta il contrario, si dice "con te, non si può discutere …. non si può "comprarti" e nemmeno avere almeno un "pizzico" di ragione. Il "ne toti ne impatoti" vuol proprio dire "ne acquistarti e nemmeno impattare  col tuo ragionamento".

Piccola sottigliezza. A Busto Arsizio, il "testardo" aveva poca risonanza, Invece di essere "colui che non si lascia persuadere - il testardo", nel Dialetto Bustocco da strada, si apostrofava un "bastardo". Chi non si accorgeva della differenza, faceva spallucce e …. portava a casa. Chi invece, si sentiva apostrofare "bastardo" invece di "testardo", qualche cosa aveva a ridire. Lo scrivo, perché un giorno, anche la mia Pierina mi disse "gnuccu e bastardu" ed io, in quel momento non accettai il suo apostrofarmi. Le risposi , "gnuccu" (testone), magari si, ma per il "bastardo" non è …. colpa mia. E la mia Pierina volle spiegazioni. Ed io gliele dissi. "non balèn, non, propri non, pardonami …. men tu fèi cunt'ul me'Ngiuletu" (no, ragazzo, proprio no, scusami … io ti ho creato col mio Angioletto, papà). Ricordo che la mamma mi abbracciò teneramente ed io, da una parte fui felice di aver fatto chiarezza e dall'altra, mi pentii per averle procurato dolore.

La seconda "chicca" riguarda le …. brutte persone … coloro che non hanno stile e nemmeno si sforzano di possederlo. Persone "brutte" nell'animo, nel comportamento che mostrano l'incapacità di farsi apprezzare. Il "ne buntò e ne caitò" si traduce in "ne bontà e ne carità", ma vuole significare la propria incapacità di farsi apprezzare … nemmeno sotto l'aspetto caritatevole. Qui, la "bontà" ma pure la "carità" c'entrano poco col "farsi voler bene" per via di ragionamenti bislacchi che meritano la censura.  E la "carità" va a braccetto con la sopportazione …. oltre il limite, non si può tollerare.  Qui dentro ci mettiamoci gli antipatici cronici, i supponenti, coloro che credono di avere la verità in tasca, a tutti i costi. Poi, se uno "è brutto" non glielo si dice e la "carità" potrebbe chiamarsi …. comprensione.

Giusepèn dice che "un Nocino al meti a postu tuscossi" (il Nocino mette a posto tutto) e noi, brindiamo. Vediamo di essere "meno testardi" e più …. buoni, belli e caritatevoli!

Gianluigi Marcora

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