La vacanza porta silenzio …. ma non è vero. Modugno cantava "la lontananza sai è come il vento e fa dimenticare chi non si ama" e anche qui, non è vero. Giusepèn è sempre in contatto con me e gli ha fatto bene la vacanza a Santa Maria Maggiore, in Val Vigezzo. Dice "l'e cà mia" (è casa mia) tanto Giusepèn ha visitato l'amena località che pullula di Bustocchi.
Si, la vacanza l'ho fatta pure io, ma a nessuno interessa dove si è stati e come si è vissuto questo periodo di tempo di …. "lontananza". Importante è sentire il bisogno di riprendere, dopo un anno intenso pregno di emozioni che hanno accompagnato i lavori, gli incontri, gli impegni e quanto la vita fa vivere. Ora siamo qui (siamo ancora qua. eh già) dice Vasco Rossi e ci siamo per intero, con la luce nel cuore, il futuro a portata di mano e le emozioni da vivere intensamente.
Una Lettrice mi ha posto una domanda: "come si può donare un abbraccio senza esserci mai visti?" La risposta non vuole essere retorica, ma lo è in maniera strutturale. Come a dire "ti penso sempre" o "ti mando un bacio" oppure "ti parlo col cuore". E' l'intenzione che conta; la fantasia, l'emozione, più ancora del gesto. Che può arrivare al momento dell'incontro, ma che doverosamente vive dentro il desiderio di chi è lontano.
Giusepèn è in forma. Lo trovo brillante nell'eloquio e nello sguardo. Ha parole buone, ma freme sia nel sapere "ma l'e'ndèi" (come è andata) sia quali sono i progetti per il futuro. E sentire un uomo di 97 anni suonati parlare di futuro, mi piace tantissimo. Il futuro non è aleatorio. E quanto siamo in grado di prospettare oggi ciò che arriverà domani, vuol dire rispettare la vita e tutto quanto ci dona, dentro il respiro della speranza.
Dico subito a Giusepèn che è giunta a casa la "solita" bottiglia del Nocino. E che non intendevo stapparla in sua assenza. Chi ce l'ha donata (la gentilissima Lettrice vuole riservarsi l'anonimato che ovviamente rispettiamo) l'ha detto chiaro e tondo: "dedicata a te (io) e a Giusepèn insieme"e e io rispetto …. le consegne. "Tiala fòa subitu" (prendila subito) catechizza Giusepèn e Maria comincia a intralciare il percorso "po’, pascienza car Signui" (babbo, un po' di pazienza Dio mio) che cattura il sorriso bonario di Giusepèn. Ne segue un delicato sorriso che Giusepèn espande al di sopra dei suoi baffetti vispi e risponde a Maria con un "a disu mo' là" che si può tradurre in tanti modi "certo, so aspettare, non ti crucciare, non volevo essere impaziente, ma in maniera spicciola … che stai dicendo?" M'è piaciuto quel "a disu mo' là" che ha un sapore antico, quasi ancestrale. Fa vedere l'esagerazione della domanda, contrapposta all'esagerazione della risposta. Non è irriverente, ma nemmeno … gracile come un petalo di rosa.
Dentro quel "a disu mo', là" c'è dentro pure un risentimento "che credevi? che non vedevo l'ora di sorseggiare il Nocino? che quanto ho detto era una priorità impellente?".
Poi, ci si tuffa nella cordialità e nella convivialità e Giusepèn è maestro nel farti capire quanto conti per lui. Quindi, si parla di tutto, ma questi sono discorsi nostri che emergeranno cammino facendo. Per ora, bello dirsi "ben tornato" ed io (anche a nome di Giusepèn) lo estendo a tutti quei Lettori che nel periodo d'agosto, si sono interessati di noi. Certo che c'è altro da dire, specie per i libri, ma qui non ne voglio parlare. Dopo due "strepitose" Edizioni di "Giusepèn e Maria" andate al TUTTO ESAURITO è tempo di tuffarci nella TERZA Edizione e Giusepèn esprime così tanto orgoglio che fa dire a Maria "t'e ustu, po' … ga uea 'na dona a favi cuntenti" (hai visto, papà, ci voleva una donna a farvi contenti" e Giusepèn di rimando "benedeta tusa" (benedetta figlia). Buona ripresa a tutti.