Prima era la Maturità, perché da lì in poi saresti diventato adulto. Da venticinque anni si chiama esame di stato e non è mica solo un problema di parole. Da quando neanche il futuro è più quello di una volta, il senso del pudore dei grandi ha imposto che si chiamasse diversamente, come un’abilitazione professionale qualsiasi.
Ragazzi che stasera e domattina avrete la tremarella: non credeteci. Quello di domani è ancora l’ingresso nel mondo dei grandi, anche se il lavoro te lo dipingono come una chimera e chissà se e quando mai andremo in pensione.
Il tema della maturità, il toto-traccia e accidenti non è uscito Ungaretti: niente e nessuno vi riporterà indietro a queste ore di eccitazione, nonostante i test di ammissione estivi (addirittura anticipati all’inverno: ma si può vivere un momento per quel che è veramente?) e il dito puntato di chi pensa di aver già visto tutto quel che c’è da vedere.
Non credete a chi sposta sempre più in là l’asticella, perché non ci sono asticelle e quel che vorrete superare in futuro lo decidete voi. Ora c’è solo un foglio a righe di protocollo (esistono ancora?) che è vuoto e bianco. È solo la prima pagina dell’estate più bella della vostra vita, in cui per la prima e ultima volta avrete il diritto-dovere di lasciare le cose in sospeso.
Tra un po’ di anni, sull’immancabile gruppo whatsapp di chi ha ancora voglia di vedersi, ricorderete queste ore e questa estate, provando a riscrivere mille e mille volte quel tema.