Una lettera sulle problematiche del rapporto tra persone invalide e lavoro. L’ha scritta un gruppo varesino e arriverà fino all'attenzione delle istituzioni di Roma.
Il gruppo in questione si chiama Invalidi e la capacità residua lavorativa, è nato da pochissimo per opera di una persona già pratica e ben informata sulle questioni che le persone fragili stanno affrontando negli ultimi anni nel campo lavorativo.
«Il problema degli invalidi è saltato fuori a marzo 2020 - racconta la fondatrice del gruppo - con l’articolo 26 e 26 bis, un decreto a firma del governo Conte che tutelava le persone fragili. Uno prevedeva, per le aziende, di tutelare i lavoratori fragili concedendogli lo smart-working. Se non fosse stato compatibile, sarebbe stato concesso di mettersi in malattia comparata a ricovero, della durata di sei mesi».
Ma «gli invalidi sono caduti in un tranello», perché l’INPS paga così 180 giorni, tra gennaio a dicembre. Queste persone hanno quindi avuto la sorpresa: a ottobre si sono trovati lo stipendio pari a 0. I decreti sono andati a singhiozzo da gennaio a giugno 2021, 2022 e 2023. Quest’anno non è più attuata la malattia comparata a ricovero.
«Il problema più grave si è posto nel momento in cui i fragili senza stipendio sono dovuti rientrare al lavoro». Infatti, quando un dipendente sta a casa più di 60 giorni deve passare la visita del medico aziendale, che, nella maggior parte dei casi, a causa del Covid ha ritenuto opportuno non assumersi la responsabilità di riprendere in organico un lavoratore fragile. L’azienda ha l’obbligo di assumere ogni 12 normodotati una persona invalida, così ce l’ha in organico ma non percepisce stipendio.
«L’azienda non ha obbligo di licenziare la persona dichiarata non idonea all’attività lavorativa. Questo crea un grosso disagio perché il disabile se viene licenziato può accedere alla disoccupazione, invece così è una tortura perché si deve licenziare da solo».
«Le aziende prendono sovvenzioni non indifferenti per assumere un lavoratore fragile, ma per loro questo stipendio è una detrazione fiscale. Il governo Meloni ha deciso di dare un reddito di cittadinanza agli invalidi, ma un invalido al 60% su un monte di 100 ore ne può lavorare 40, la differenza la mette lo Stato: perché invece non assumere un altro disabile che può essere impiegato per le rimanenti 60?».
La portavoce del gruppo è invitata a un incontro a Roma a giugno. Un incontro in cui si parlerà di disabilità e sport, e a cui saranno presenti alcune personalità politiche. Invitata come auditore, le è stato concesso un posto e la possibilità di consegnare la lettera, che ha già avuto un’eco importante.
«Vogliamo che la quota lavorativa sia in forza al 100%. Il mondo dell’invalidità in Italia è fermo al dopoguerra. È ora di creare più inclusione».