Valle Olona - 04 maggio 2023, 14:52

Lo “Zio” Bergomi si racconta ai ragazzi dell’istituto Fermi di Castellanza. Una storia di «talento ed educazione»

Il campione del mondo dell’82 e bandiera dell’Inter ha incontrato gli studenti insieme al mental coach Samuele Robbioni. La sua storia è quella di un ragazzo diventato campione del mondo a 18 anni partendo da un piccolo comune nel milanese dove quasi tutti, lui compreso, erano milanisti. Una mattinata all’insegna dei valori dello sport

Lo “Zio” Bergomi si racconta ai ragazzi dell’istituto Fermi di Castellanza. Una storia di «talento ed educazione»

Nessuno di loro lo ha visto giocare e vincere nei più importanti stadi del mondo. Per i ragazzi e le ragazze dell’istituto Fermi di Castellanza, Beppe Bergomi è innanzitutto la voce che, insieme a Fabio Caressa, da anni racconta il calcio su Sky.
Ma la passione per il pallone attraversa le generazioni e in tanti, questa mattina, hanno chiesto un selfie o un autografo al campione del mondo dell’82 prima di ascoltarlo in aula magna, insieme al mental coach Samuele Robbioni. È stato quest’ultimo a presentargli lo scrittore Andrea Vitali, a cui Bergomi ha affidato il racconto della propria vita. Ne è nato il romanzo di formazione “Bella Zio”, da cui l’avvocato Stefano Banfi ha preso spunto per “guidare” l’incontro con gli studenti.

La bandiera dell’Inter è stata accolta nella sede di via Cantoni dalla dirigente Ivana Morlacchi e dal direttore dei servizi amministrativi Stefania Mazza. Ad ascoltarne la testimonianza, gli studenti del liceo sportivo e una rappresentanza degli studenti del liceo linguistico potenziato e dell’istituto tecnico economico-amministrazione finanza e marketing.

I valori

Bergomi si è concentrato sulla parte iniziale della sua carriera, quella a cui si dedica anche il libro. È la storia di un ragazzo diventato campione del mondo a 18 anni e mezzo partendo da Settala, un piccolo comune nel milanese «dove, allora, erano quasi tutti milanisti, me compreso», ha raccontato.
Dal settore giovanile della squadra locale, «dove ho imparato a fare squadra», a quello dell’Inter, fino alla prima squadra e alla nazionale.

Lo “Zio” ripercorre la sua carriera, soffermandosi sugli insegnamenti ricevuti dall’esperienza sul campo e nello spogliatoio più che sui trionfi. Da campione del mondo appena maggiorenne, ha capito che «non c’è un’età giusta o sbagliata per prendersi delle responsabilità. L’importante è aver fatto tutte le cose per bene».

A proposito di insegnamenti e valori, il mental coach Robbioni da Beppe, ma anche da altri campioni come Gianluca Zambrotta o Gianluca Vialli ha imparato che «il talento è importante, ma non è l’elemento più importante. Per arrivare in orario, rispettare compagni e professori, lasciare lo spogliatoio e la classe come li abbiamo trovati non occorre talento, ma educazione. Il talento è una grande opportunità, ma l’educazione è una scelta. E quella di Beppe è una storia di educazione».

Altro tema toccato: il valore del percorso. Robbioni ha rivelato di aver visto nell’ufficio di Arrigo Sacchi la medaglia della vittoria di una Champions con il Milan vicino a quella ottenuta per un successo in Terza categoria col Fusignano. «“Ci ho messo la stessa identica fatica e lo stesso impegno”, mi disse Sacchi. È più importante il valore dell’obiettivo che l’obiettivo stesso».

Gli aneddoti: «Domani marchi il biondo»

Non sono mancati gli aneddoti, molti dei quali relativi alla cavalcata trionfale dei mondiali dell’82. Da Bearzot che gli disse «ragazzo, scaldati», per farlo entrare a freddo nella partita col Brasile che resterà nella storia alla finale con la Germania: «Alla vigilia, Tardelli mi avvisò: “Guarda che domani devi marcare quello biondo”». Vale a dire il già due volte Pallone d’oro Rummenigge. «Grazie all’aiuto della squadra sono riuscito a fare quel tipo di marcatura».E questa mattina in prima fila c’erano anche due “ragazzi” con qualche anno sulle spalle, Aurelio Bertelli e Angelo Crespi, che l’11 luglio 1982 erano al Bernabeu per la finale.

Tante le curiosità degli studenti. Uno di loro ha anche vestito i panni di Caressa e riproposto con Bergomi l’urlo «campioni del mondo» ripetuto quattro volte. Prima di un nuovo giro di selfie e autografi, il saluto allo “Zio” con il coro «c’è solo un capitano».

Riccardo Canetta

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