Gallarate - 03 maggio 2023, 11:23

Gallarate: addio a Enea Centemeri, eroe di guerra

Volto noto dei Ronchi, se n’è andato a 95 anni. Ragazzino, fu deportato a Mauthausen. La sua colpa: un giro su una bicicletta nuova, regalo del padre. «Quando, dopo tanto tempo, tornò nel campo da uomo libero, disse che non voleva niente, neanche una foto. Prese un sasso e se lo mise in tasca»

Enea Centemeri fu deportato a Mauthausen. Il funerale si svolgerà giovedì 4 maggio alle 14.30, nella chiesa dei Ronchi

Enea Centemeri fu deportato a Mauthausen. Il funerale si svolgerà giovedì 4 maggio alle 14.30, nella chiesa dei Ronchi

Aveva un nome da eroe virgiliano, Enea Centemeri. E in quanto“eroe di guerra” aveva ricevuto onorificenze ufficiali. Se n’è andato a 95 anni (il funerale si svolgerà domani, 4 maggio, nella chiesa dei Ronchi, alle 14.30) ma il riconoscimento se l’è guadagnato da ragazzino. Faceva un giro sulla bicicletta che gli aveva donato il padre. Un regalone, nell’Italia degli anni Quaranta, quella travolta dal secondo conflitto mondiale. Si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato. Finì in un rastrellamento, quindi in carcere, prima a Varese e poi a Monza.

«Suo padre, il nonno – raccontano, oggi, le figlie, Daniela e Stefania – andò a trovarlo. Ma fu costretto a scappare, temette di essere arrestato anche lui». Enea venne deportato in Germania e messo ai lavori forzati. «A Lipsia fu imprigionato con altre decine di malcapitati. Li spogliarono e li misero sotto chiave quando la città subì un bombardamento. I muri si muovevano, ricordava. I detenuti presero a spallate le porte, uscirono». Una ricerca di salvezza che venne interpretata come tentativo di fuga, la punizione fu il trasferimento a Mauthausen.

«Del campo non ha mai parlato molto. Ha raccontato qualcosa in più solo negli ultimi anni. Rievocava, per esempio, una notte ghiacciata, con la neve ai polpacci. Lo appesero a un gancio e lo tennero lì, al freddo, fino all’alba. Quando, da persona libera, è tornato a Mauthausen, si ricordava tutto perfettamente, il braccio in cui era stato recluso e il numero della cella. Disse che non voleva niente, neanche una foto. Prese solo un sasso da terra e se lo mise in tasca».

Enea riuscì a lasciarsi quelle esperienze alle spalle. Divenne operaio, poi vicedirettore import/export in una azienda che trattava alluminio. Una vita di lavoro, sveglia alle cinque.  «Andava d’accordo con chiunque. Ai Ronchi lo salutavano tutti, dagli anziani ai quindicenni. Potremmo definirlo un bonaccione, anche se la vita non gli ha risparmiato altre sofferenze, come la morte del figlio Moreno, scomparso per un tumore a 46 anni». Oltre a Daniela e Stefania, Enea lascia la moglie, Silvana («Una bellissima 85enne») e un ricordo, fra i tanti, particolarmente intenso: «Quello di un ragazzino innocente e forte, vissuto in un mondo troppo più grande di lui».

Stefano Tosi

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